Abbiamo chiesto ad uno dei personaggi più rappresentativi dell’affascinante mondo dei fulltimer, le persone che vivono tutto l’anno in camper, di spiegarci le ragioni delle sua decisione.
- Chi sei e cosa fai nella vita?
«Bella domanda, difficile la risposta. Sono semplicemente Armando, che in un caldo giorno dell’agosto 2012, insieme a mia moglie Mel (all’epoca era ancora la mia compagna), ha deciso di partire a bordo di un Volkswagen Westfalia del 1995, poi battezzato Mork. Non avevamo piani ben precisi in testa: volevamo soprattutto viaggiare e abbiamo trovato la maniera giusta per noi per farlo. Entrambi abbiamo un’importante bagaglio professionale alle spalle, io come regista, lei come scrittrice: abbiamo trovato il modo di portare avanti la nostra professionalità online, diventando di fatto dei nomadi digitali e lavorando per clienti internazionali, solo grazie ad una connessione internet. Così abbiamo chiuso il cerchio, trovando la fonte di sostentamento necessaria per il nostro viaggio perpetuo, senza essere obbligati a fermarci o tornare indietro. E dopo otto anni siamo ancora “on the road”, sempre curiosi di scoprire cosa ci riserva il domani».
- Da quanto tempo sei fulltimer? Ci spieghi il perché di questa scelta?
«Come detto, la data iniziale risale al 2012, ma devo dire che sia il termine “nomade digitale” che “fulltimer” all’epoca erano a noi sconosciuti. La nostra scelta non è stata... una scelta, nel senso che non ci siamo messi a pensare come e perché fare il passo. Solo una settimana dopo l’acquisto del Westfalia abbiamo cominciato il viaggio, avendo la certezza di poter affrontare una vita particolare, senza dimora fissa, senza una meta precisa, senza data di scadenza. Il passo più importante lo avevamo già fatto, con il downsizing termine inglese che indica il ridimensionamento di tutto quello che ci appartiene. Una zavorra fatta di oggetti e legami che ci tiene avvinti ad un luogo o ad una situazione. Nel camper avevamo tutto il necessario per vivere una vita tranquilla, trasformandola comunque in un’esperienza unica».
- Come passi le tue giornate?
«Quando sei in viaggio perpetuo, la “giornata tipo“ non esiste: ogni mattina ci si sveglia in un luogo diverso e necessità e bisogni variano costantemente. In generale, sono due le attività principali: prendersi cura di casa e lavorare. Chiaramente, avendo una casa da pochi metri quadrati non ci si spezza la schiena e visto che questo stile di via riduce di molto le spese, si ha la possibilità di guadagnare il giusto senza dover lavorare otto ore al giorno. Tutto il resto del tempo che avanza viene dedicato alla nostra vita e ai nostri interessi.
La mia professione di regista è anche una passione: mi diverto ad esplorare il territorio vicino a noi con la telecamera e immortalarlo per poi creare video per il mio canale Youtube “Vivere in camper macchitelofaffa”. Si leggono libri, si guardano film, si va a pesca con la canna o con la muta, si fanno pedalate in mezzo alla natura o semplicemente si sta seduti ammirando untramonto. Il viaggio riesce a mettermi in contatto con le persone che vivono dove ci fermiamo: il più delle volte ci rendono partecipi della loro quotidianità, fornendoci un carico d’informazioni sulla cultura del luogo, sulle tradizioni e i costumi locali. Certo non siamo in vacanza, ma abbiamo la possibilità di organizzare il nostro tempo nella maniera che preferiamo».
- Il bello ed il brutto di questa scelta di vita?
«Personalmente trovo che il “brutto” sia altamente compensato dal bello. Il bello è il viaggio e tutto quello che riesce a regalarti, come il conoscere attraverso lo “slow travel” nuovi luoghi ed incontrare sempre persone nuove, oppure essere testimone diretto di quello che ci circonda, solitamente tanta natura, trovandosi lì, nel luogo giusto al momento giusto per ammirarne la maestosa bellezza. Una vita sicuramente con meno stress causati da terzi, senza i problemi legati a scadenze, bollette, burocrazia e tutto quello che impone un modo classico di vivere. Il brutto della nostra condizione è soprattutto legato ai fattori metereologici: vivere in due in un piccolo furgone camperizzato quando fuori piove, a volte risulta difficile. Gli spazi sono quelli che sono e il nostro soggiorno comincia dove finisce la lamiera del mezzo. Poi ci sono i problemi meccanici che quando capitano ci costringono a fermarci per fare le riparazioni. Sono comunque piccoli fastidi rispetto ai lati positivi di questa vita. Che, però, sicuramente non è per tutti».
- Ti sposti in base alle stagioni? Hai una tua location preferita? Qual è quella più adatta ai fulltimer?
«Ci spostiamo in base alle stagioni: durante quelle fredde, di solito scegliamo luoghi dal clima mite come il Marocco, il Portogallo, il sud della Spagna o in Italia Sicilia e Sardegna; al contrario, mentre nelle stagioni calde preferiamo goderci l’aria fresca e quindi ci spostiamo verso zone del nord Europa, come Irlanda e Scozia, la Scandinavia oppure ci rifugiamo su qualche vetta alpina. Non abbiamo una location preferita, se l’avessimo ci saremmo fermati proprio in quel luogo: invece ci piace, anche dopo otto anni, il concetto di viaggio, il poter cambiare posto anche ogni giorno.
Tutti i Paesi visitati in questi anni ci sono piaciuti ma ce ne sono molti altri che vogliamo ancora esplorare: meglio non perdere tempo».
- Descrivici il tuo mezzo
«È un Volkswagen T4 Westfalia California del 1995, un’icona nel mondo dei camper: quando l’ho acquistato non conoscevo nulla di questo settore, ma fortunatamente viaggiando ho imparato molte cose.
Un camper piccolo e compatto che impone - e la considero una cosa bella - di essere minimalisti ed evitare il superfluo. Magari è meno comodo rispetto al altri veicoli ricreazionali, ma riesce a portarci in luoghi remoti, lontano da rumore e cacofonie, per tuffarci a pieno nella sinfonia creata dalla natura. Nel 2020 ho deciso di migliorarlo, grazie alla conoscenza delle nostre esigenze in questi anni di viaggio, per renderlo più potente, comodo e funzionale: per me Mork rimane un grande mezzo, che non ci ha mai lasciato per strada grazie alla pura meccanica del suo motore».
- Progetti per il futuro?
«Ci sono, ma evito di pensarci: purtroppo il 2020 ha scombussolato la vita a tutti e risulta molto difficile fare progetti quando mancano le sicurezze, soprattutto per viaggi. Abbiamo diversi sogni nel cassetto: ci piacerebbe andare in Mongolia, conoscere le Azzorre e fare ritorno in Canada per poi proseguire verso il Sud America».
- Hai consigli da dare a chi accarezza l’idea di fare una scelta come la vostra?
«Uno solo: “Macchitelofaffa! Stattene a casa!“. Lo dico sempre nei miei video e c’è una parte di verità. Questa vita non è per tutti. Sembra tutto bello e facile, ma non è così. Bisogna avere una buona preparazione fisica e mentale per lasciarsi dietro tutte le sicurezze di una vita “normale” e diventare nomadi. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra istinto e la razionalità. Certo, una volta partiti, è difficile tornare indietro…».