Il nostro amico, grazie alla sua manualità, è riuscito a portare a termine un lavoro piuttosto ambizioso e impegnativo. Il suo obiettivo, pienamente raggiunto, era quello di rifare lavandino, piatto doccia e piano di calpestio del bagno
Il piatto doccia e il piano di calpestio del bagno del mio camper sono un unico pezzo che contiene anche l’invaso per ospitare la tazza del WC Thetford. Per comodità, nel testo si fa riferimento al piatto per intendere tutto il pezzo rifatto. È proprio lì che ho concentrato le mie energie nell’ultimo lavoro in fai-da-te che ho realizzato. Non faccio questo lavoro di professione ma, trovandomi nella circostanza di dover sostituire due pezzi del bagno fatti in termoformato, mi sono documentato in rete e alla fine mi sono deciso ad affrontare questo impegnativo lavoro. L’ho portato a termine in prima persona non tanto perché non ho trovato disponibilità dei ricambi o perché il loro costo era relativamente elevato, ma semplicemente perché mi stuzzicava l’idea di cimentarmi e apprendere la tecnica di lavorazione dei materiali compositi. Certo, non posso dire di essere ora un esperto. Però non mi spaventa la possibilità di rifare o comunque lavorare altri pezzi in termoformato del camper. Prima di spiegare passo a passo le fasi di lavorazione, ringrazio i miei vicini di casa che mi hanno costantemente incoraggiato interessandosi al progredire delle opere. In particolare ringrazio Alighiero che, avendo in gioventù lavorato in un’azienda che faceva opere del genere, è stato prodigo di consigli.
Fase di smontaggio
Sono partito smontando il piatto. Ho quindi dovuto togliere tutte le paretine in termoformato, montate in modo tale che sovrapponendosi al piatto convogliano l’acqua al suo interno. Sono tenute alle pareti del camper con viti con un cappuccio bianco e fissate al piatto con siliconature (foto n°2) . Anche i mobiletti, incluso quello del lavandino, sono avvitati alle pareti e poi sigillati. Ho proceduto con cautela individuando le viti e svitandole una ad una. Alla fine è rimasto a terra il piatto: il mio ha due pilette piccole tipo quella della foto n°1 non raggiungibili dal pianale, per cui vanno smontate dopo aver alzato il piano. Quindi occorre andare sotto al camper, scollegare i tubi dal serbatoio, togliere le fascette e levare la siliconatura tra pianale e tubo. A quel punto il piatto è asportabile insieme alle pilette e al tubo di collegamento al serbatoio. Ovviamene occorre scollegare tutte le parti elettriche e idrauliche dai manufatti che devono essere smontati per liberare i pezzi da rifare. Io per sicurezza ho smontato tutti (proprio tutti!) i componenti del bagno prima di procedere con il rifacimento dei pezzi.
Gli stampi: alcune considerazioni
Una volta smantellato tutto il bagno, è possibile proseguire. Prima di tutto bisogna fare lo stampo negativo, tenendo a mente alcune accortezze. Sicuramente i pezzi originali hanno il silicone di sigillatura ancora attaccato: vanno ripulite completamente usando prodotti chimici oppure, come nel mio caso, cutter e alcool denaturato al 90% (oltre a molto olio di gomito). Inoltre i pezzi originali saranno sicuramente imperfetti a causa dell’usura. Per cui possiamo decidere di sistemare ad hoc le rotture del termoformato e fare solo i lavori di rifinitura sul pezzo finale oppure possiamo sistemare alla meglio il pezzo originale e fare tutte le rifiniture in un secondo momento sullo stampo. Io ho scelto la seconda soluzione. Da tener presente che tutte le superfici in questa fase come nella seguente devono avere forme staccabili, vale a dire angoli aperti. Nel caso di pezzi non lineari, gli attriti si possono evitare realizzando più parti da assemblare poi in un secondo momento (come nel caso di un piano con due “porta bicchieri”, realizzando questi a parte e inserendoli in un secondo momento in un piano lineare). Per creare lo stampo si parte dal pezzo originale. Per quanto riguarda le rifiniture, molti di noi aggiungono materiale al pezzo originale per ripararlo prima di decidere di rifarlo in toto. Questo determina la variazione della forma originale, sulla quale è più difficile lavorare in fase di elaborazione dello stampo. Nel caso in cui la riparazione a una superficie interna avesse ridotto la forma, nel creare lo stampo è consigliabile lasciare l’originale com’è e poi agire sullo stampo negativo (foto n°7) aggiungendo stucco e levigandolo per ottenere la dimensione nativa. In caso invece di rottura, eseguendo la riparazione si potrebbe alterare il volume del manufatto, difficilmente riducibile sullo stampo. Anche in questo caso consiglio di sistemare la rottura alla meglio, in modo che sullo stampo si possa aggiungere stucco fino alla forma voluta.
Lo stampo negativo
Dopo aver indossato una mascherina e i guanti in lattice, ho pulito ben bene il pezzo dai residui di silicone e sistemato le imperfezioni e le rotture per quanto detto sopra. Ho quindi stuccato, carteggiato dove necessario con grana finissima, pulito nuovamente con l’alcool denaturato e lasciato asciugare. Ho sistemato il pezzo da riprodurre fissandolo su un piano di supporto e facendo in modo che tra il pezzo e il piano non ci fossero punti in cui potesse penetrare gelcoat e resina. Ho sigillato utilizzando lo stucco per vetrai (foto n°3) e ho nuovamente pulito il pezzo. Dopodichè ho passato tre mani abbondanti di cera distaccante a intervalli di 30 minuti. La cera va data anche al supporto sulle parti che saranno cosparse di resina anche accidentalmente. Una volta asciugata la terza mano, ho lucidato il pezzo con un panno morbido: più lo si lucida, più lo stampo sarà liscio e, di conseguenza, anche il pezzo finale. A questo punto consiglio di soffiare la polvere con il compressore e poi passare subito tre mani di alcool polivinilico a spruzzo con flusso leggero a distanza di 20-30 cm (in foto n°4 il risultato finale con il polivinilico azzurro). È importante non far depositare pulviscolo tra la cera e l’alcool polivinilico che, una volta spruzzato, non può essere soffiato con il compressore altrimenti si rischia di rovinare la pellicola che si è formata: questa pellicola è davvero delicata e non va assolutamente toccata. Consiglio anche di svuotare il serbatoio del compressore con la valvola sottostante in modo da estrarre tutta l’umidità accumulata nel tempo e di pulire bene la pistola in modo che non rilasci grumi ma solo l’alcool polivinilico perfettamente nebulizzato. Dopo ogni spruzzata è meglio pulire la pistola con acqua e alcool denaturato. L’alcool polivinilico può essere diluito con l’alcool denaturato massimo al 10%: asciuga prima ma la temperatura ambiente non deve essere eccessivamente calda altrimenti il film tende subito a staccarsi. Per questo è meglio anche lavorare all’ombra. Se avete dubbi, usate solo l’alcool polivinilico senza diluizione e aspettate il tempo di asciugatura di circa 30 minuti. Se sbagliate in questa fase e si creano colature o stacchi del film dallo strato di cera, non cercate di rimediare localmente. L’alcool polivinilico va via facilmente con l’acqua per cui conviene asportarlo tutto irrorando di acqua abbondante e passando una spugna. Una volta terminata l’operazione con il polivinilico, non si deve lasciar passare del tempo per evitare che si depositi pulviscolo. Prima stendete la prima mano di gelcoat, meno pulviscolo si sarà formato sull’alcool polivinilico migliore sarà il risultato finale.
Con gelcoat e resina
Dobbiamo preparare il gelcoat in poliestere catalizzato al 2%. Per le dosi ho misurato prima il bicchiere in PET alla quantità di 200 ml e ho catalizzato al 2%: quindi 200 ml di gelcoat o di resina e 4 ml di catalizzatore. Il gelcoat per stampi può essere dato a pennello o a spruzzo. Io ho passato tre mani a pennello (seguite da tre mani a spruzzo e una quarta a pennello di gelcoat definitivo) ma se decidete di usare una pistola, dovete avere una pressione costante di almeno 6 atm e dovete ripulirla sempre con acetone. Per evitare il formarsi di grinze, le mani di gelcoat non devono essere troppo spesse e ciascuna passata deve asciugare perfettamente prima che si passi alla seguente. Non è necessario preoccuparsi troppo delle colature: la parte rifinita è quella a contatto con lo stampo.
Nelle foto 5 e 6 il gelcoat per stampi (verde su originale) e quello definitivo (bianco su stampo verde). Una volta dato il gelcoat in tutte le mani, si inizia a resinare. Ho preparato dunque gli “straccetti” di fibra in una scatola rompendoli dal telo di fibra e badando a non farli grandi più di una mano. Ho usato la fibra e non il tessuto di fibra perchè quest’ultimo è più adatto alla tecnica del sottovuoto e meno a forme articolate. Gli straccetti invece sono piccoli e si stendono facilmente, si adattano alla forma del modello anche se articolata e non fanno “bolle”. Aderiscono insomma con una semplice spennellata energica. Le curve a 90 gradi, specie sul bordo, vanno affrontate con straccetti che vanno un bel po’ oltre gli angoli. Se è il bordo esterno, andrà tagliato e rifilato il prolungamento in eccesso servito per tenere lo straccetto aderente al piano. Anche la resina, come il gelcoat, va catalizzata al 2% e poi si inizia a spennellare la zona. Con 200 ml si copre una superficie di circa 40x40 cm in un arco di tempo di 10-15 minuti (dopodichè la resina inizia a diventare gelatinosa e poi si indurisce). Si fa una passata a pennello con uno spessore pari a quello della fibra che verrà apposta. È importante che la spennellata non lasci sullo strato precedente zone o strisce prive di resina. Dopo aver usato circa il 40% del preparato, ho iniziato a posizionare gli straccetti spennellando nel senso della trama così da farli aderire perfettamente al fondo. È importante che gli straccetti applicati come primo strato coprano esattamente il gelcoat e che in questa fase non ci siano bolle (si formano perché c’è troppa resina, perché le dimensioni dello straccetto non gli consentono di aderire, oppure perché vi trovate in prossimità di un angolo e lo straccetto non è abbastanza grande da “girargli” intorno). Nel caso la superficie fosse articolata, tamponate le parti con il pennello fino a che lo straccetto non aderisce perfettamente. L’ideale sarebbe sistemare lo straccetto alla prima spennellata “a pressione”, senza più doverci ripassare. Se nonostante le accortezze ci fossero comunque delle bolle, tamponate con il pennello asciutto per ridurle al massimo senza aggiungere altra resina. Poi aspettate che si asciughino e rimuovete quelle rimaste con il cutter, scartavetrando o - se necessario - con il Dremel senza intaccare il gelcoat ma solo fino a rendere a vista il fondo sottostante la bolla. Allo strato successivo passate una spennellata di sola resina senza altra fibra, lasciate asciugare e ricarteggiate prima di ricominciare a resinare con fibra. Una volta che lo strato si è asciugato, ho ripetuto le operazioni per tre o quattro strati in tutto finchè non ho raggiunto lo spessore voluto. È possibile realizzare l’ultimo strato con pezzi a misura tagliati a forbice anziché straccetti e con fibra più grossa (375 gr/mq) che darà ancor più compattezza. Una volta terminata l’ultima operazione di carteggiatura, ho dato una passata a pennello di resina catalizzata al 2% in modo da portare a finitura liscia, salvo le asperità normali della telatura, senza fibre sporgenti.
L’opera di distacco
Quando si è finito di resinare, occorre staccare l’opera dal piano di supporto. Si carteggia di pochi millimetri tutto il bordo esterno tra originale e stampo (“a taglio”) fino a che non si vede chiaramente lo stacco tra il colore del gelcoat dello stampo e quello dell’originale. Quando questa linea è visibile, lo stacco può avvenire perché non ci sono sovrapposizioni di resina o gelcoat che tengono ancora legati i pezzi sul loro bordo ma solo lo strato di alcool polivinilico e quello di cera tra i due. L’operazione di distacco è abbastanza semplice se sono rispettate le regole sugli angoli aperti. Nel punto più lineare e ampio del manufatto (e possibilmente in una parte che non resterà visibile) si inserisce un cuneo di legno tenero e si fa pressione. Se c’è resistenza, irrorare di acqua che liquefacendo l’alcool polivinilico favorisce il distacco. Una volta terminato, pulire i residui di alcool polivinilico irrorando abbondante acqua e passando una spugna. Infine rifilare e rifinire i bordi dello stampo in relazione agli alloggiamenti nel camper. Come ultima operazione, ho realizzato il pezzo definitivo ricalcando lo stampo.
Il pezzo definitivo
Per ottenere il pezzo definitivo partendo dallo stampo, le operazioni sono le stesse solo che va usato il gelcoat definitivo bianco e l’operazione di resinatura avverrà non sul pezzo originale ma sullo stampo ottenuto in precedenza. Il gelcoat per stampi è di diverso colore. Questo favorisce nelle due fasi di distacco la visione della linea di giunzione tra i pezzi utile a capire dove inserire il cuneo di legno. Nel mio caso specifico, operando in rifinitura sullo stampo, ho approfittato per abbassare il livello delle pilette rispetto al pezzo e per aumentarne il foro e la portata sostituendole tra l’altro con pilette dritte senza sifone. Per fare questo ho ricostruito con compensato e stucco poliestere direttamente sullo stampo negativo intermedio. Poi ho praticato i fori e ho eseguito il ripristino delle dimensioni del canale di scolo in un angolo del piatto della doccia perché era ridotto dalla precedente riparazione sull’originale. Questo l’ho fatto agendo con lo stucco sullo stampo intermedio perché più semplice in questa fase (foto n°8, le parti in bianco sul fondo dello stampo verde). Sullo stampo in verde si notano anche delle macchie giallastre: si tratta di stucco riempitivo usato per eliminare le imperfezioni dell’originale prodotte a causa dell’uso, carteggiate in opera con carta abrasiva a grana 1200 gr/mq e acqua corrente fino a ridurle esattamente alle imperfezioni da coprire. Una volta terminati tutti i lavori, ho rimontato il tutto. Ho anche realizzato una sorta di imbuto in polietilene sotto le pilette, una camicia con telo di polietilene sul piano e all’interno del foro nel pianale attraverso il quale passa il tubo di scarico. Qualora le pilette iniziassero “a perdere” non farebbero danno al pianale, l’acqua verrebbe dispersa a terra e avrei più tempo per intervenire. Inoltre sotto il pianale il tubo fa un piccolo “collo d’oca” e questo assicura l’effetto sifone che volevo.
Nelle foto n°9, n°10 e n°11 il lavoro completo tra originali, stampi, pezzi ottenuti, stampi intermedi e il loro montaggio nel camper.
Materiali
I materiali che ho usato sono i seguenti:
- Cera (distaccante): 1,5 litri circa;
- Alcool polivinilico (distaccante): 1,5 litri circa;
- Gelcoat poliestere per stampi: 2 kg;
- Gelcoat poliestere bianco definitivo 4 kg;
- Fibra di vetro 225 gr/mq: 8 mq
- Fibra di vetro 375 gr/mq: 2 mq;
- Stucco poliestere con catalizzatore: 500 gr.
- Pennelli: una decina di diverse dimensioni;
- Acetone (pulire i pennelli dopo ogni sessione di lavoro): 1 litro;
- Bicchieri in PET da 486 ml: circa 40;
- Stecche di legno usa e getta: circa 40;
- Una siringa in plastica da 5 ml;
- Carta abrasiva a grana 220 e finissima 1200 quanto basta;
- Stucco per vetrai: 1 kg;
- Alcool denaturato 90%;
- Guanti monouso in lattice (almeno due scatole, cambiare appena impregnati minimamente di resina o di gelcoat);
- Mascherine (5-6);
- Stucco riempitivo a spruzzo, una bomboletta.
Attrezzatura
- Compressore + accessori;
- Dremel + dischi e punte da taglio;
- Cutter;
- Levigatrice a nastro;
- Tampone rigido da carrozziere di supporto per carta abrasiva.
Costo totale circa 300 euro.