Finale Ligure: alla scoperta dell’Outdoor Region

La Liguria ma più nel specifico Finale Ligure è un luogo comune piuttosto abusato vuole che il mare sia vivibile esclusivamente in estate, per i bagni e le spiagge, oppure d’inverno per chi è “diversamente giovane” e vuol fuggire dalle nebbie e dal freddo della pianura.
Il territorio di Finale Ligure smentisce tutto questo: alle spiagge e al mare azzurro si affianca, infatti, un entroterra formato da altopiani, vallette, pareti verticali, grotte, luoghi selvaggi ed iconici, tutte location ideali per chi ama gli sport outdoor che spaziano dall’arrampicata alla speleologia, dall’escursionismo a tutte le varianti del ciclismo, su strada e off road.
L’unica pecca di Finale Ligure, forse, è che non tutti i borghi dell’interno possiedono strade accessibili ai vr; ma nessuna paura, restano un bel po’ di località dove è possibile parcheggiare il nostro veicolo e, dopo essersi immersi nella loro storia ricca di palazzi dettagli e angoli suggestivi, incamminarsi attraverso una natura mediterranea a volte domestica, come i terrazzamenti di ulivi, a tratti selvaggia con fitti boschi di pini, andando alla scoperta di torri stregate, panorami grandiosi, spiagge di pescatori, grotte preistoriche e chiesette nascoste.
Perché è tutto questo, Finale Ligure: un territorio così vario da non stufare mai e accontentare i gusti di tutti; e non stiamo parlando solo delle attività sportive ma anche dei sapori della tavola: cosa c’è di meglio, infatti, dopo una bella sgambata, del gustare un piatto di acciughe fritte accompagnato da una fresca birra artigianale?

FINALE LIGURE: PERCORSI A PIEDI 

A SPASSO TRA CASTRUM, CHIESE E GROTTE: DA FINALBORGO A S. ANTONINO
Dati sola andata: dislivello 270 metri - distanza 3,2 km - Tempo di percorrenza 1h 15’

La prima escursione che vi consigliamo a Finale Ligure parte da Finalborgo e porta attraverso una verde valletta ad uno sperone su cui sorgeva un tempo lontano un castello, uno dei molti che si incontrano lungo il cammino. Vicino agli iconici ruderi sorge ancora una chiesetta immersa nel silenzio, caratterizzata da un cripta suggestiva mentre tutto attorno si apre un colpo d’occhio quasi a volo d’aquila sui boschi e sulle rocce, patria dei climber.

Lo ammettiamo, Finalborgo è una pessima partenza per una escursione: è una località così affascinante che diventa difficile incamminarsi lungo il percorso e si è fortemente tentati di bighellonare per le sue viuzze. Ma si deve resistere, chiudere gli occhi e lasciare le vie medioevali con i colorati palazzi a dopo, magari aggiungendo una sosta rigenerante in uno dei molti locali che si aprono nelle piazzette. Per ora si accede da Porta Testa e si percorre la principale via Nicotera prestando attenzione a sinistra, poiché si deve poi gi- rare per via del Municipio seguendo i cartelli “Castel Gavone” ed i due pallini rossi.

Pochi passi e la via prende a salire, diventando una suggestiva selciata che porta poco alla volta al seicentesco Forte San Giovanni mentre la vista in direzione del sottostante borgo e verso il mare si apre sempre più. Seguendo la segnaletica dei due pallini rossi si arriva alla deviazione che porta a Castel Gavone e la sua caratteristica Torre dei Diamanti, della fine del Quattrocento. Il nostro percorso prosegue però ancora in salita, ora più lieve, arrivando a Perti Alta e alla chiesa di S. Eusebio, formata da più edifici sovrapposti che vanno dalla cripta romanica alla grande chiesa settecentesca.
Si continua su asfalto verso destra superando l’Arma di Perti, una grotta spesso utilizzata dai climber per trascorrere la notte, che si apre proprio sopra la strada, e la curiosa chiesa rinascimentale di Nostra Signora di Loreto, caratte- rizzata da ben cinque campanili, per inoltrarsi lungo un’ombrosa valletta. Poco oltre i resti della chiesa di San Benedetto, si arriva ad un bivio dove si prende a destra per Contrada Valle, seguendo i cartelli “Sant’Antonino”; ora i pallini da seguire diventano tre.

Attraversata questa piccola frazione dal sapore messicano inizia il sentiero che in salita decisa porta nel fitto del bosco. Un unico, vistoso bivio indicato da un cartello, dove si va a destra sempre seguendo i tre pallini rossi ed ecco che si arriva ai resti del Castrum Perticae, un castello del XII secolo. Pochi passi ancora e appare il gioiello della chiesa romanica di Sant’Antonino, silenziosamente immersa tra gli alberi e che presenta una suggestiva cripta. Spostandosi a destra e a sinistra, si aprono tra gli alberi panorami grandiosi sulle rocce circostanti.

ESTENSIONE ALLA GROTTA POLLERA

Dati sola andata: dislivello 180 metri - distanza 1,8 km - tempo di percorrenza 45’

La meta è raggiunta ed il ritorno è sulla medesima via dell’andata, ma è possibile allungare il percorso per raggiungere un’ulteriore caverna, assai suggestiva e impressionate: la grotta Pollera.
Tre le possibili vie: una parte poco a valle della chiesa di Sant’Antonino indicata dal cartello “Sentiero Ermanno Fossati”, ma presenta alcuni tratti esposti; la seconda è un sentiero che si trova ancora più a valle della chiesa e segue la segnaletica “Perti giro delle chiese”, ma non è molto ben indicata e richiede buon senso di orientamento o una buona traccia gpx.

Il percorso più facile prevede di tornare a Contrada Valle e seguire la strada asfaltata in salita fino al suo termine, a Cianassi (fontana e tavolini). Da qui si prende a destra la sterrata che porta alla caratteristica borgata di Montesordo e dopo aver superato la chiesa di San Carlo la si abbandona per un sentiero a destra. Quasi subito s’incontra un bivio dove si tiene la sinistra (due pallini rossi) ma dopo pochi passi si presti attenzione ad un piccolo sentiero a destra (due rombi, scoloriti), che sale ripido nel bosco, anche con qualche gradino scavato nella roccia, e attenzione alla traccia un po’ più evidente poiché gli unici segni sono vaghi bolli rossi scoloriti. Il sentiero termina all’apertura della Grotta Pollera, un antro davvero suggestivo i cui scavi hanno riportato un utilizzo già nel Neolitico Antico (5800-500 a.C.).

SOSPESI TRA CIELO E MARE LUNGO IL SENTIERO DEL PELLEGRINO: DA VARIGOTTI A NOLI

Dati sola andata: dislivello 350 metri - distanza 7 km -  tempo di percorrenza 3 h

Un percorso dal fascino immenso esteso tra mare e cielo, che porta da Varigotti ed il suo borgo saraceno alla medioevale Noli, sulla cui spiaggia ancora ormeggiano i pescatori.
Prima di incamminarsi si può scegliere se percorrere la lunga spiaggia di Varigotti, o vagare tra i vicoli del borgo Saraceno raccolto all’ombra di Punta Crena e la sua Torre. In ogni caso, dall’Aurelia va presa Strada Vecchia, in salita, percorrendola fino a raggiungere una scalinata a sinistra, indicata dai pannelli del Sentiero del Pellegrino.

Il percorso diventa presto selciato e, scandito da pannelli didattici, poco alla volta si alza aprendo la vista in direzione della Torre Saracena. Attraversando fitti uliveti, si giunge ad un bivio dove il percorso prosegue a sinistra, in salita, ma prima si consiglia la deviazione a destra che porta alla suggestiva chiesa Quattrocentesca di San Lorenzo, da cui ci si affaccia sulla sottostante Baia dei Saraceni dall’acqua di un azzurro intenso. Si torna quindi indietro per proseguire ancora in salita, prestando attenzione al bivio seguente dove si prende la destra (la segnaletica si trova ben dopo). Pochi passi ed ecco il curioso Mausoleo Cerisola, sorta di memoriale in cui sono riportati i salvataggi in mare effettuati da Giuseppe Cerisola (1914-2006), un finalese vissuto molti anni in Australia.

Il sentiero procede privo di bivi, con andamento sali e scendi ma sempre panoramico, quasi una balconata aperta sugli azzurri del cielo e del mare che si sfiorano. Giunti ad un crinale lo si percorre a sinistra per poi deviare a destra seguendo i cartelli per Noli ed il segno rosso a X. Ancora un incrocio: il percorso prosegue nella medesima direzione ma si vada provvisoriamente a destra, così da raggiungere un panoramico punto di vista sospeso sul mare, con Capo Noli a sinistra e Punta Crena a destra, tra alberi ritorti e sospesi che ispirano composizioni haiku per i più poetici. Il sentiero prosegue superando la Torre delle Streghe per arrivare ad una sterrata che va percorsa verso destra. Pochi passi, ed eccoci nei pressi del Semaforo di Capo Noli (non accessibile) e al punto più elevato. Si continua la sterrata in discesa per abbandonarla quasi subito per un sentiero a destra che permette di abbreviare il percorso. Di nuovo su sterrata si continua sempre in discesa, questa volta seguendo i cartelli “Grotta dei Falsari”, prestando attenzione ad un sentiero che si stacca sulla destra, all’altezza di un tornante. Una discesa ripida ma che merita poiché porta alla grotta, ampia cavità facilmente accessibile e affacciata direttamente sull’acqua blu. Un luogo evocativo e suggestivo che da solo meriterebbe l’escursione! 

Coraggio: ora si deve risalire fino a tornare sulla sterrata per proseguire poi la discesa che porta rapidamente all’Eremo del Capitano, edificio purtroppo decadente ma da cui si può osservare la parete rocciosa in cui si può intuire la grotta appena lasciata, e a seguire ecco i resti della chiesa di Santa Margherita, dal bel abside romanico. La discesa prosegue passando oltre volti pirateschi intagliati nei tronchi e arriva a Noli, dalle belle spiagge, le imbarcazioni colorate dei pescatori ed il centro storico racchiuso dalle mura, mentre i resti del castello quattrocentesco vegliano dall’alto del Monte Ursino. Un luogo in cui vagare a caso, lasciandosi ispirare dal momento. Il ritorno può avvenire sulla medesima via dell’andata o utilizzando i numerosi bus di linea.

TRA NATURA E INCISIONI: DA S. BERNARDINO AL CIAPPO DELLE CONCHE
Dati sola andata: dislivello 150 metri - distanza 4,5 km - tempo di percorrenza 2 h

I “ciappi” che troviamo nella zona di Finale Ligure sono curiose rocce piatte che mani antiche hanno inciso con coppelle, canali, lettere e strani disegni, facilmente raggiungibili con una bella escursione tra i boschi. Si parte dalla frazione San Bernardino, percorrendo via Leon Pancaldo e prestando attenzione al piccolo cartello bianco “corpo 6”, perché proprio a sinistra di questo si prende una stradina, inizialmente asfaltata poi sterrata, in discesa. Al termine si trova il primo dei segni che si  vanno a seguire: il quadrato rosso manda verso sinistra, lungo una selciata in salita piacevolmente graduale che si snoda tra rocce coreografiche e vegetazione fitta che lascia presto il posto alla tipica gariga per poi tuffarsi nuovamente nella lecceta. Tenendosi sempre sulla via più ampia ed evidente, a tratti selciata a tratti di ampio sentiero, si giunge ad un primo bivio evidente dove si va a destra. Il bel sentiero sbuca su una sterrata che va seguita a sinistra, sempre in salita, fino ad arrivare ad un bivio molto evidente dove la sterrata devia decisamente a sinistra, in discesa, ignorando l’invitante sentiero a destra. Ci si tiene sempre sulla via principale, evitando di entrare nei fondi privati (indicati da cartelli). Quando la strada compie una netta curva verso destra diventa più piccola e poco dopo si deve prestare particolare attenzione perché quando scende bruscamente va preso il sentiero a sinistra che diventa di nuovo molto piacevole, in salita graduale e immerso nella fitta vegetazione.

Attenzione ad un grande masso calcareo: un artista estemporaneo ne ha fatto la base per una sorta di Presepe permanente, curiosità che farà piacere nel caso si cammini con bambini che si sentiranno in obbligo di fermarsi per cercare i vari personaggi. Ai diversi bivi si dovrà sempre tenere la destra, seguendo il simbolo del quadrato rosso, cui si affianca ora anche il rombo, arrivando in breve al Ciappo dei Ceci, una lastra inclinata su cui sono incise soprattutto coppelle e canaletti di collegamento. Attraversato tutto il ciappo si riprende il sentiero e dopo circa 0,2 km si presti attenzione ad un'evidente traccia sulla destra che, dopo una brevissima discesa, porta ad un affaccio panoramico sulla Valunga e le falesie rocciose che sprofondano nella fitta vegetazione e che nulla hanno da invidiare al “cugino” francese Verdon. Ci si tiene ora sempre sulla pista più evidente e segnata dal quadrato rosso, ed un secondo punto panoramico lo si ha più avanti, questa volta direttamente dal sentiero che si sta percorrendo. Una breve discesa porta ad un incrocio dove si continua dritti ed un’ultima salita rocciosa porta finalmente alla meta: il Ciappo delle Conche, lastra molto grande dove oltre alle coppelle ed ai canali si trovano lettere, scritte ma, soprattutto, una barca ed una sorta di treno. No, le incisioni non sono sicuramente antiche, ma il luogo è assai suggestivo e particolare e ci si renderà presto conto di avervi trascorso ben più tempo di quanto previsto. Non si sa molto sulla datazione e sull’uso delle coppelle e dei canali di collegamento, l’ipotesi più accreditata è che siano piccole pozze atte a raccogliere l’acqua piovana, forse per attirare gli animali da cacciare. Il ritorno è sulla medesima via dell’andata.

Annalisa Porporato, Franco Voglino