Il R.I.V.A.R.S.
► con il patrocinio dell’Amm.ne Comunale di Marano Lagunare (UD) &
► con la collaborazione della Cooperativa Pescatori "S. Vito"
ORGANIZZA:
MARANO LAGUNARE (UD) “3° RADUNO DI S.VIO” 14/16 Giugno 2013
“RISCOPRI LE FESTE TRADIZIONALI E LA VITA DEI PESCATORI MARANESI ASSIEME ALLA FAUNA DI LAGUNA E AGLI ANTICHI SAPORI DEL TRADIZIONALE MANGIAR VENETO"
PROGRAMMA DEL RADUNO
Venerdì 14-06
Ore 15.30: arrivo e sistemazione equipaggi all’area designata
Ore 18.00: chiusura accettazione equipaggi per l’imbarco, consegna dei ticket per la cena a bordo, ed
illustrazione del programma del raduno.
Ore 18.30: imbarco sul battello “Santa Maria” visita alla Riserva Naturale Foci del fiume Stella , cena a
bordo, cullati dalle onde e alla luce del tramonto in laguna. Rientro previsto per le ore 23.00
Sabato 15-06
Ore 10.00: partenza a piedi per la visita dell’azienda vitivinicola “Ghenda” ed ai suoi “vigneti de paluo” dove
la vite crescendo sul salmastro dà un prodotto particolare.
Ore 12.00: rientro in azienda e spuntino con prodotti tipici e assaggio vini, con possibilità di acquisto
direttamente dal produttore.
Ore 15.00: ci sposteremo alla scoperta di Marano e dei suoi tesori
Ore 17.00: rientro in porto e nel centro cittadino e…“in libertà” per la “Fiera de San Vio” con ballo in piazza
sino a tardi! Cena libera presso gli stand o i locali della cittadina.
Ore 17.30: per chi dovesse rinnovare o effettuare verifiche di storicità, i nostri commissari saranno a
disposizione presso l’area parcheggio.
Domenica 16-06
Ore 08.00 –tassativo- Partenza dal porto-canale con le barche dei pescatori per la tradizionale “processione in laguna”; al rientro messa e processione a terra fino al duomo secondo l’antica liturgia aquileiese
In libertà nella Fiera de S.Vio. Pranzo libero
Nel tardo pomeriggio solenne pontificale in basilica sempre secondo l’antica liturgia aquileiese; al termine,
inizio rientri e, per chi volesse rimanere, festa fino a tarda notte con la “cuccagna sull’acqua” unica in Italia
con palo orizzontale sul canale.
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO IL 30 MAGGIO 2013 inviando un’e-mail a manu.fontanot@gmail.com e/o presidenza@camperstorici.it
COSTO: 50 euro a persona viaggio con motonave, cena di pesce, visita all’oasi faunistica e ai vigneti compresa
L'Amm.ne Comunale e la Cooperativa S.Vito hanno garantito la possibilità di rifornimento d'acqua potabile
Per qualsiasi informazione telefonare a: 33.56.02.82.72 o al 34.96.69.08.58 dalle 18 alle 20
Il Presidente
Claudio Galliani
Gentili amici ed ospiti del raduno,
per evitare antipatici disguidi, vi saranno distribuiti dei ticket pasto per la cena a bordo del Battello Santa Maria.
Tali buoni equivarranno alle diverse portate, sono validi per una sola portata e saranno vidimati di volta in volta.
LA CENA E’ A BASE DI PESCE
Siete pregati di comunicare , al momento dell’iscrizione, eventuali intolleranze alimentari e allergie al pesce ed ai crostacei.
NON saranno eseguite modifiche sul menù, non vorremmo semprare scortesi nel ricordarvelo perciò, gentilmente non chiedetecelo.
IL PROGRAMMA POTREBBE SUBIRE DELLE MODIFICHE, LA VERSIONE DEFINITIVA VI VERRA’ CONSEGNATA AL MOMENTO DELL’ISCRIZIONE !
Vi aspetto a Marano
Il vicepresidente
Manuel Fontanot
Per il modulo di partecipazione al raduno da inviare entro il 30 maggio contattare l'organizzazione
Cenni su Marano, sulla sua storia e sulla sua laguna
La Laguna di Marano è stata abitata da tempi assai remoti e certamente in epoca romana, come testimoniano i numerosi reperti; pare che il nome “Marano” derivi da “Marius”, famiglia che si dice fosse stata la prima ad insediarsi stabilmente in zona; in ogni caso se ne ha notizia scritta nel 590, anno in cui in Marano si tenne un importante sinodo vescovile. Dapprima opposta a Venezia in quanto annessa al potente Patriarcato di Aquileia, venne occupata dalla Serenissima in via definitiva dal 1420 e ne rimase parte fino alla Pace di Campoformido (1797) che vide la cancellazione della Repubblica veneta da parte di Napoleone I.
La Laguna di Marano è stata abitata da tempi assai remoti e certamente in epoca romana, come testimoniano i numerosi reperti; pare che il nome “Marano” derivi da “Marius”, famiglia che si dice fosse stata la prima ad insediarsi stabilmente in zona; in ogni caso se ne ha notizia scritta nel 590, anno in cui in Marano si tenne un importante sinodo vescovile. Dapprima opposta a Venezia in quanto annessa al potente Patriarcato di Aquileia, venne occupata dalla Serenissima in via definitiva dal 1420 e ne rimase parte fino alla Pace di Campoformido (1797) che vide la cancellazione della Repubblica veneta da parte di Napoleone I.
Marano, sotto la Serenissima, divenne un’importante piazzaforte (della quale purtroppo pochissimo ora rimane) posta su un’isola della laguna (oggi interrata e collegata da un’ottima strada) a guardia dei confini orientali della Repubblica contro gli “Arciducali” (Austria & Principesca Contea di Gorizia) che nel 1543 avevano eretto la fortezza di Maranutto nel tentativo di estendere anche lì la loro influenza; tale specificità di Marano fa sì che il folclore locale presenti delle differenze notevoli rispetto a quello del “basso Friùli” del quale comunque la popolazione si sente parte integrante.
Nel centro storico di Marano è ancora perfettamente leggibile l’impianto edilizio/stradale risalente al piano regolatore veneto conservando ancora notevoli monumenti a testimonianza di quel periodo; la parte nuova dell’abitato è piuttosto recente e finalizzata soprattutto all’attività di pesca e trasformazione del pescato.
Nel centro storico di Marano è ancora perfettamente leggibile l’impianto edilizio/stradale risalente al piano regolatore veneto conservando ancora notevoli monumenti a testimonianza di quel periodo; la parte nuova dell’abitato è piuttosto recente e finalizzata soprattutto all’attività di pesca e trasformazione del pescato.
La festività di “S.Vio” (che festeggia i tre Patroni, i Santi Martiri: Vito, Modesto & Crescenza) è una tradizione molto radicata nella popolazione di Marano Lagunare, che, il giorno delle celebrazioni, si muove con tutte le imbarcazioni disponibili nel porto (chiunque, anche non maranese, può prendere posto liberamente su di esse per partecipare al rito) fino al centro della laguna dove il sacerdote benedice le acque il lavoro dei pescatori e ricorda i tre Martiri.
Tutta la giornata è dedicata a Vito, Modesto e Crescenza ed al ritorno delle imbarcazioni c’è una prima sosta al cimitero (una volta su un’isola oggi collegato al paese da un’ottima strada) con la commemorazione del martirio in liturgia aquileiese, poi le barche proseguono in processione per il porto; non appena esse accostano tutta la gente, sacerdote in testa, si porta in processione presso la basilica dove alla sera viene celebrato un solenne pontificale sempre in rito aquileiese.
Ma, oltre al “sacro” c’è anche il “profano”: i pescatori ed anche altri danno vita ad una miriade di bancarelle dove soprattutto si può gustare a costi irrisori dell’ottimo pescato freschissimo che viene preparato sul momento e sotto i Vs. occhi: è proprio per questo motivo che, a parte il pasto sulla motonave durante la visita in laguna (ovvio, non c’è alternativa visti gli orari di partenza ed arrivo), non abbiamo programmato alcun pranzo o cena: abbiamo preferito lasciare ai ns. Ospiti la libertà ed il piacere di ricercare sulle varie bancarelle le leccornie che la cucina tradizionale maranese può offrire.
Il “casone”
Recarsi nelle lagune di Marano o di Grado senza conoscere la caratteristica abitazione tradizionale rappresenta un assurdo. I “casoni” sono capanne di paglia presenti in laguna, che, da sempre, hanno rappresentato un punto di riferimento e d’appoggio per chi in laguna ci lavora. Un tempo erano delle vere e proprie abitazioni stabili delle famiglie di pescatori, che si portavano in paese solo per barattare il pescato ed in altre rare occasioni per fare acquisti o partecipare a speciali manifestazioni. Nei racconti dei vecchi si possono sentire ancora oggi storie ed aneddoti legati alla vita di casone.
La costruzione del casone è frutto di un’arte e di un’esperienza consolidatesi nel tempo e tramandate di padre in figlio. Per la collocazione del casone viene scelta una “barena” (punto affiorante della laguna) che viene consolidata con pietre e terra e perimetrata da pali piantati nel fango per impedire all’acqua di portarsi via il riempimento consolidante; si crea così una specie di isoletta in gergo chiamata “mòta”. Creata in questo modo una base robusta, che fungerà anche da pavimento del casone, bisogna ora crearne la struttura portante che è formata dai “piantùni”, robusti pali piantati verticalmente nella mòta collegati tra loro con altri pali più sottili che serviranno a reggere un tetto spiovente fin quasi a terra.
Le pareti del casone, dette “òrto” si ricavano fissando dei traversi, sempre in legno, tra i piantùni e si crea così anche l’ossatura per la porta rivolta quasi sempre ad ovest al riparo dai venti dominanti. Una volta costruito questo graticcio portante in legno, i “vuoti” vengono riempiti utilizzando canna palustre abilmente intrecciata ai traversi ed il tetto viene realizzato con uno spessore variabile che, con un preciso, sapiente e pluricollaudato rapporto spessore/pendenza, impedisce all’acqua piovana di entrare e contemporaneamente consente l’uscita del fumo del focolare: tale criterio specialissimo ha da sempre risparmiato il lavoro necessario alla realizzazione di un camino (piuttosto costoso in quanto deve essere fatto in pietra robusta o mattoni, inesistenti sulla mòta, che bisognava prima acquistare, poi trasportare in barca dal paese o anche da più lontano). Al centro dell’unico locale così ricavato c’è il focolare in mattoni “foghèr” mentre addossati alla parete di fondo, dalla parte opposta della porta, solitamente ci sono i “lèti” (giacigli). Addossati alle altre due pareti vi sono dei contenitori rustici (talvolta chiamarli mobili è eccessivo) atti a conservare il cibo ed a riporre gli attrezzi indispensabili alla vita di laguna.
Tutta la giornata è dedicata a Vito, Modesto e Crescenza ed al ritorno delle imbarcazioni c’è una prima sosta al cimitero (una volta su un’isola oggi collegato al paese da un’ottima strada) con la commemorazione del martirio in liturgia aquileiese, poi le barche proseguono in processione per il porto; non appena esse accostano tutta la gente, sacerdote in testa, si porta in processione presso la basilica dove alla sera viene celebrato un solenne pontificale sempre in rito aquileiese.
Ma, oltre al “sacro” c’è anche il “profano”: i pescatori ed anche altri danno vita ad una miriade di bancarelle dove soprattutto si può gustare a costi irrisori dell’ottimo pescato freschissimo che viene preparato sul momento e sotto i Vs. occhi: è proprio per questo motivo che, a parte il pasto sulla motonave durante la visita in laguna (ovvio, non c’è alternativa visti gli orari di partenza ed arrivo), non abbiamo programmato alcun pranzo o cena: abbiamo preferito lasciare ai ns. Ospiti la libertà ed il piacere di ricercare sulle varie bancarelle le leccornie che la cucina tradizionale maranese può offrire.
Il “casone”
Recarsi nelle lagune di Marano o di Grado senza conoscere la caratteristica abitazione tradizionale rappresenta un assurdo. I “casoni” sono capanne di paglia presenti in laguna, che, da sempre, hanno rappresentato un punto di riferimento e d’appoggio per chi in laguna ci lavora. Un tempo erano delle vere e proprie abitazioni stabili delle famiglie di pescatori, che si portavano in paese solo per barattare il pescato ed in altre rare occasioni per fare acquisti o partecipare a speciali manifestazioni. Nei racconti dei vecchi si possono sentire ancora oggi storie ed aneddoti legati alla vita di casone.
La costruzione del casone è frutto di un’arte e di un’esperienza consolidatesi nel tempo e tramandate di padre in figlio. Per la collocazione del casone viene scelta una “barena” (punto affiorante della laguna) che viene consolidata con pietre e terra e perimetrata da pali piantati nel fango per impedire all’acqua di portarsi via il riempimento consolidante; si crea così una specie di isoletta in gergo chiamata “mòta”. Creata in questo modo una base robusta, che fungerà anche da pavimento del casone, bisogna ora crearne la struttura portante che è formata dai “piantùni”, robusti pali piantati verticalmente nella mòta collegati tra loro con altri pali più sottili che serviranno a reggere un tetto spiovente fin quasi a terra.
Le pareti del casone, dette “òrto” si ricavano fissando dei traversi, sempre in legno, tra i piantùni e si crea così anche l’ossatura per la porta rivolta quasi sempre ad ovest al riparo dai venti dominanti. Una volta costruito questo graticcio portante in legno, i “vuoti” vengono riempiti utilizzando canna palustre abilmente intrecciata ai traversi ed il tetto viene realizzato con uno spessore variabile che, con un preciso, sapiente e pluricollaudato rapporto spessore/pendenza, impedisce all’acqua piovana di entrare e contemporaneamente consente l’uscita del fumo del focolare: tale criterio specialissimo ha da sempre risparmiato il lavoro necessario alla realizzazione di un camino (piuttosto costoso in quanto deve essere fatto in pietra robusta o mattoni, inesistenti sulla mòta, che bisognava prima acquistare, poi trasportare in barca dal paese o anche da più lontano). Al centro dell’unico locale così ricavato c’è il focolare in mattoni “foghèr” mentre addossati alla parete di fondo, dalla parte opposta della porta, solitamente ci sono i “lèti” (giacigli). Addossati alle altre due pareti vi sono dei contenitori rustici (talvolta chiamarli mobili è eccessivo) atti a conservare il cibo ed a riporre gli attrezzi indispensabili alla vita di laguna.
Questo è il ritratto del casone-tipo tradizionale la cui tecnologia costruttiva ha sfidato i secoli, ma oggi non è più così: il casone, arrendendosi al “progresso”, pur rimanendo invariato all’esterno in maniera da integrarsi ancora perfettamente nell’ambiente dov’è nato, al suo interno può presentare un arredamento anche ricco, il pavimento non è più in terra battuta ma spesso piastrellato c’è l’energia elettrica prodotta anche con generatori se non vi arriva già l’ENEL e talvolta su alcuni tetti appare il camino.