Turchia, culla della civiltà

Visitare la Turchia intera richiederebbe molte vite o, almeno, numerosi viaggi: le grandi distanze, infatti, impongono di programmare gli itinerari con attenzione, in modo da non rischiare di sfiorare superficialmente luoghi e persone. Ciò che colpisce subito di questa terra è l'incredibile somiglianza con il sud del nostro Paese: i suoni vivaci dei mercati, i colori vividi delle ceramiche, l'abbondanza a tavola e il desiderio della gente di far sentire il visitatore “come a casa”. L’estremo senso di accoglienza dei turchi, inoltre, creerà spesso l’occasione di essere inviati a condividere un pasto: accettate con fiducia, per non perdere l’occasione di farvi nuovi e sinceri amici. Viaggiare in camper offre l’opportunità di esplorare con tutta calma un Paese che ha molto da offrire. Oggi le strade turche sono ampie, ben asfaltate e scorrevoli: l’unica attenzione da avere è non addentrarsi con il mezzo nei villaggi più piccoli, che spesso hanno vie troppo strette per consentire un passaggio agevole. Il nostro percorso parte da Bursa e va verso sud, alla scoperta di una parte del ricco patrimonio archeologico turco e di molte curiosità.

BURSA LA VERDE

A circa 30 chilometri dalla costa sud del Mar di Marmara sorge questa graziosa città che si estende ai piedi dell’Ulu Daği, il monte Olimpo della Misia. Il nome Bursa deriva dal suo fondatore, il re di Prusia della Bitinia; divenne poi la prima capitale dell’impero Ottomano nel 1326. La presenza di molti parchi e giardini le ha fruttato l’epiteto di “Bursa la Verde“, anche se il colore dei rivestimenti di alcune moschee contribuiscono a dare il giusto impatto visivo. La visita inizia dal mausoleo verde (Yeşil Türbe), che sorge in un giardino; rivestito da ceramiche azzurro-verde, custodisce la tomba del Sultano Mehemet I. Di fronte si trova la moschea verde (Yeşil Camii) a testimonianza dell’estetica tipica ottomana, ma è l’Ulu Camii la protagonista di Bursa con le sue venti cupole sorrette da archi a sesto acuto, la fontana, l’altare in legno di cedro e i pilastri decorati da raffinate calligrafie. Nelle vie strette intorno alla moschea ci sono numerosi han (case dei commercianti con cortile interno), un bedesten (mercato) mederse e bagni, molto frequentati nel periodo bizantino per le proprietà dell’acqua solforosa e ferruginosa convogliata dall’Ulu Daği. Tra le bancarelle del mercato non si può fare a meno di notare le Kestane Şekeri, i marron glacé: tipici di Bursa, zona di produzione di castagne, si trovano sfusi, ma anche confezionati in scatole colorate, reperibili ovunque in città.

PERGAMO, IL LUOGO DOVE SI INTERPRETAVANO I SOGNI

In circa tre ore di strada da Bursa si raggiunge Pergamo. Centro di cultura nell’antichità, è composto da due siti: l’Acropoli e l’Asklepeion. L’Acropoli è in posizione dominante, sulla collina di fronte la città moderna. Nonostante molti reperti della città antica siano a Berlino, è piacevole passeggiare tra i resti della biblioteca - dalla grande importanza artisticoculturale per la sua struttura e per la quantità di volumi che conteneva -, il tempio di Traiano, quello di Dionisio e poi scendere verso l’agorà che si collega all’Acropoli tramite la porta di Eumene II. Ma è l’Asklepeion la parte più interessante di Pergamo: è l’antico centro termale, dedicato a Esculapio, utilizzato dai medici per curare i malati con metodologie che comprendevano riposo, massaggi, bagni e l’interpretazione dei sogni. Il fenomeno onirico, infatti, si è sempre configurato presso molte culture come un’esperienza straordinaria. Ben distinto dalla realtà ma a essa in qualche modo connesso, portatore di immagini e sensazioni ineffabili, elaborato in uno stato di allentamento della coscienza vigile, non governabile dalla volontà del soggetto, il sogno finisce inevitabilmente con l’assumere il valore di una forma di comunicazione con una realtà altra ma in grado di illuminare quella presente, e con l’immettersi in una dimensione religiosa. Il sogno si sottrae a ogni idea di casualità e fornisce al sognante una guida all’azione, rivelando il futuro, in modo che lo iatromante (il medico-veggente) potesse dargli precise ed efficaci prescrizioni terapeutiche.

LA BELLA IZMIR

Izmir - o Smirne - è una città che si sveglia pigramente. Si raggiunge in circa un’ora e mezza di strada da Pergamo ed è bello ammirarla all’alba, attendendo che il sole inizi a scaldare vie e palazzi, mentre i pescatori attendono nella luce dorata. Gode di un clima mite e giace lungo i fianchi delle colline che circondano la baia. La città attuale è vivace e cosmopolita, mentre quella originaria, fondata nel III millennio a. C., fu culla di una delle culture più avanzate dell’Anatolia occidentale. Si crede che Omero vi abbia vissuto nel I millennio a. C., quando la città era la più brillante delle appartenenti alla Federazione Ionica. Dopo un periodo di declino, con i romani, iniziò una nuova fase di splendore. Infine, nel 1415, dopo la conquista bizantina, prima, e selgiuchide dopo, Smirne diventò parte dell’impero ottomano. Una città vivace, anche di notte: il quartiere più alla moda è Alsancak, che offre un’ampia scelta su cosa fare dopo il tramonto. Si raggiunge a piedi percorrendo il lungomare Cumhuriyet caddesi verso nord, le tradizionali case restaurate sono state trasformate in caffè, bar e ristoranti.

La torre dell’orologio, visibile in piazza Konak, è il cuore della città ed è il simbolo di Izmir: il Sultano Abdulhamid ne volle la realizzazione nel 1901, utilizzando uno stile ottomano piuttosto elaborato. Le strade cittadine, situate su differenti livelli, sono collegate tra loro da un vecchio ascensore del XIX secolo, alto 51 metri, in fondo al vicolo Dario Moreno. Lungo le strade non mancano i venditori di oggetti e servizi: si possono trovare pifferi ma anche lustrascarpe e chioschi di Simit, le tipiche ciambelle con i semi di sesamo. Nel quartiere di Kemeraltı, dove si trova l’omonimo bazar, vale la pena di una passeggiata per ammirare le vecchie costruzioni e le sinagoghe. Nell’antico quartiere di Alsancak, chiuso al traffico, le tradizionali case restaurate sono state trasformate in caffè, bar e ristoranti. Da non perdere la moschea Hisar a pochi passi dal bazar e costruita da Aydınoğlu Yakup Bey tra il 1592 e il 1598 e nel XVI secolo, era una delle più grandi del centro cittadino: il suo interno custodisce uno degli esempi più eclatanti di opere d’arte islamica ottomana a Smirne.

EFESO: CAPITALE ROMANA D’ASIA

Una lunga passeggiata conduce attraverso uno dei di siti archeologici più scenografici della Turchia, luogo di scavi perenni, per portare alla luce le meraviglie di quella che fu la più importante città romana dell’Asia Minore, e meta per appassionati di storia antica. Accedendo al sito di Efeso dall’ingresso inferiore e percorrendo la via Arcadiana, la strada lastricata che conduceva al vecchio porto, si giunge allo splendido teatro. Perfettamente conservato, era in grado di contenere 25.000 spettatori ed era fornito di ben 66 ordini di gradini. Qui, al grido “Grande è Artemide, patrona degli efesini!” la folla, istigata dall'orafo Demetrio, si avventò contro San Paolo e i suoi seguaci. Nelle dimensioni in cui si presenta oggi fu costruito tra il I e il II secolo d. C. sui resti di uno precedente di epoca ellenistica. Proseguendo il percorso tra gli scavi di Efeso, in fondo alla Via di Marmo, c’è la biblioteca di Celso: meraviglia architettonica edificata nel II secolo, fu ricostruita da una squadra di archeologi austriaci nel 1975. La facciata porta incastonate colonne e nicchie in cui erano esposte statue di personaggi illustri. Il pavimento era lastricato di marmo colorato mentre le pareti erano decorate da bassorilievi. Anticamente era coperta da un tetto di legno: al centro c’era la statua di Atena e intorno gli scaffali scavati nelle pareti potevano contenere fino a 12.000 volumi. A pochi chilometri dal sito di Efeso è visitabile la Casa di Maria. Grazie alle descrizioni della mistica tedesca Anna Katharina Emmerick, fu ritrovata la casa dove la Vergine visse dopo la morte di Gesù: San Giovanni la accompagnò in questa modesta dimora, dove restò fino alla fine dei suoi giorni. Un edificio rettangolare in pietra vicino ai boschi, di un solo piano, con il tetto piatto e il focolare al centro. Fu il sacerdote francese Don Julien Gouyet a recarsi in Asia Minore per cercare i resti dell’edificio e la validità della scoperta fu confermata dalle ricerche archeologiche condotte nel 1898 da alcuni archeologi austriaci. Nell’estate del 2006, un grande incendio distrusse 1.200 ettari di bosco, ma le fiamme si fermarono miracolosamente a solo un metro dal santuario. Luogo di pellegrinaggio per cristiani e musulmani, la casa è stata santificata ufficialmente dal Vaticano e ogni anno, il 15 agosto, i fedeli cristiani vi celebrano una cerimonia di commemorazione.

TÈ O CAFFÈ, L'IMPORTANTE È BERE

Oltre al çay - il tè nero preparato con le foglie coltivate nella zona di Rize, al confine con la Georgia - che si beve a ogni ora del giorno e viene servito nei caratteristici bicchieri a forma di tulipano, anche il caffè è molto apprezzato. Per prepararlo nella versione turca si utilizza il cezve, un pentolino di rame con il manico lungo, in cui si fa bollire la polvere di caffè. Sorbirlo è un rito da godere senza fretta, mentre si attende che i fondi si depositino sul fondo della tazza sperando che qualcuno dei presenti li sappia interpretare, leggendo il futuro. Per tradizione si beve amaro, ma se si desidera zuccherato si deve avvertire chi lo prepara prima che venga messo a bollire. Il caffè turco, nel 2013, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

INFORMAZIONI UTILI

Arrivare Dall’Italia, si può entrare in Turchia passando dal confine bulgaro o greco. In ogni caso, con mezzo proprio è necessario essere muniti di passaporto (su cui verrà registrato anche il veicolo) con almeno una pagina libera. ù

Sosta

In Turchia difficilmente si trovano campeggi dotati dei comfort a cui sono abituati gli italiani: spesso si tratta di soluzioni spartane e poco curate. Nel Paese, tuttavia, è permesso il campeggio libero e ci sono diverse possibilità di sosta sicura presso i parchi naturali, i siti archeologici o anche nei pressi di ristoranti. Basta chiedere a custodi o gestori e si verrà accolti con gentilezza. Alla guida Importante è sapere che in Turchia non bisogna fidarsi delle indicazioni dei navigatori, spesso non sono aggiornati sulle strade che - ad esempio in caso di creazione di dighe - a volte spariscono nel nulla. La cosa più utile è prendere, in frontiera, la cartina dell’Ente del Turismo dove sono indicate più che altro le strade principali, ma con cui si eviterà ogni disguido. Inoltre, mentre viaggiate, tenete una buona distanza dagli altri veicoli, per evitare i sassolini provenienti dall’asfalto spesso ed un po’ grezzo.

Carburante

I distributori in questa zona sono frequenti e bene attrezzati; bisogna solo ricordare che “Motorin” indica il gasolio adatto a motori più vecchi; per i mezzi più recenti è meglio scegliere l’Euro Diesel.

ISKENDER KEBAP, LA CARNE DI ALESSANDRO

Questo piatto, ideato nel 1867 a Bursa, è da tempo diffuso in quasi tutto il Paese: deve il nome al suo inventore Mehmetoğlu İskender Efendi e da allora l’Iskender, traduzione letterale di Alessandro, è famoso non solo in Turchia, ma in tutto il mondo. Molta attenzione è riservata nella scelta della carne, che all’inizio apparteneva ad agnelli provenienti dai pascoli coperti di profumato timo sul Monte Uludağ. L’Iskender kebap è realizzato con la carne arrostita sugli alti spiedi verticali noti a tutti e poi condita con salsa di pomodoro, yogurt e burro leggermente brunito adagiata sopra un letto di un tipico pane sottile che assorbe tutti i succhi del piatto. È servito in porzioni singole; perciò quando si fa l’ordinazione bisogna specificare bir porsyon per un piatto normale, bir-buçuk porsyon, un porzione e mezza se si è un po’ affamati e duble porsyon se è parecchio tempo che non si mangia...

L’ARTE DEL TAPPETO

Kilim, cicim, sumak: sono solo alcuni tipi di tappeto, composto in generale da ordito (fili verticali), trama (dà compattezza alla struttura) e nodi (fili annodati all’ordito). Se ne possono trovare di nuovi, vecchi e antichi, con rilevanti differenze di prezzo. Se non si è esperti di tappeti e si desidera acquistarne in loco è bene informarsi prima sui venditori più affidabili; in ogni caso, preparatevi a lunghe contrattazioni. Il Museo Arkas, a Izmir, comprende una ricca esposizione di tappeti voluta dal mecenate Lucien Arkas, capo dell’omonima holding, allestita nel palazzo che ospitava il consolato francese: uno dei pochi edifici ottocenteschi a uscire di fatto indenne dal grande incendio di Smirne del 1922. La produzione dei tappeti, realizzati a mano, nacque insieme all’industrializzazione. La manifattura di Feshane, in riva al Corno d’oro, fu infatti costruita nel 1834 per produrre tessuti e fez per il nuovo esercito, che aveva preso il posto del corpo dei giannizzeri.

COME VESTIRSI

Quando si visita un Paese di religione islamica è bene conoscerne le regole di abbigliamento: anche se in Turchia, soprattutto nelle città, è facile vedere abiti in stile occidentale, è necessario rispettare la cultura locale, non indossando un vestiario troppo succinto o trasparente. Questo vale anche per gli uomini: indumenti come pantaloncini corti o canottiere non sono ben visti. In visita a una moschea bisogna togliersi le scarpe e le donne dovranno coprire i capelli con un foulard.

Federica Giuliani