Il Primiero è una vallata che si allunga dall’abitato di Imer attraverso Mezzano e Fiera di Primiero fino alla località di San Martino di Castrozza, per poi salire al Passo Rolle, ma si allarga anche verso sinistra con la Valle del Vanoi ed a destra con la Val Canali e l’appartata Sagron Mis. Questa zona rappresenta un microcosmo unico nel suo genere, poiché abbina i grandiosi panorami delle Pale di San Martino, monoliti di pietra tesi verso il cielo, a boschi e pascoli dove è possibile concedersi passeggiate rigeneranti alla portata di tutti, così che un giorno ci si può sentire simili ai grandi alpinisti del passato ed il mattino seguente rilassarsi lungo le rive di un laghetto alpino, al fresco di boschi di abeti rigeneranti. Borghi ricchi di dettagli, tradizione ma anche innovamento, come ad esempio accade a Mezzano, che oltre a far parte del circuito de “i Borghi più Belli d’Italia”, presenta per le sue vie opere d’arte formate di solo legno che richiamano le antiche cataste per la legna, rivisitate. E se passeggiando per le sue vie trovate una sedia rossa non esitate a suonare la campanella: un abitante di Mezzano si farà vivo per raccontarvi qualcosa del suo paese. Mezzano, ma anche Imer, Fiera di Primiero o San Martino di Castrozza, sono tutte località le cui caratteristiche vanno cercate a passo calmo, perché è questo il Primiero: borghi da esplorare e natura da scoprire, cime da conquistare e conche verdi da passeggiare, per riappropriarsi dei tempi lenti che possono rigenerare il fisico e, soprattutto, lo spirito. E infine, dettaglio da non trascurare, le località sono tutte facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici che, grazie alla Trentino Guest Card, sono gratuiti!
UNA PASSEGGIATA PER TUTTI: VAL CANALI, L’ANELLO DELLE MUSE FEDAIE
Dati totali: dislivello 100 metri - distanza 4,5 km tempo di percorrenza 1h30’
La Val Canali permette un approccio facile e di grande impatto scenografico, con una passeggiata adatta proprio a tutti. Il punto di riferimento è Villa Welsperg (1.020 m/slm), sede del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino che presenta nel suo Centro Visita gli aspetti geografici del parco, oltre a mostre temporanee in una architettura tipica. Il percorso ad anello affronta in un dislivello praticamente nullo gli aspetti più tipici delle Dolomiti: prati verdi adagiati ai piedi di pareti rocciose a picco, ma anche un laghetto in cui trovare un bellissimo scorcio fotografico e strutture artistiche che narrano della natura che ci circonda. Trattandosi di un anello è possibile partire ovunque, ma l’inizio “ufficiale” è nei pressi del piccolo e delizioso laghetto Welsperg, dove è obbligo percorrerne il periplo per avere un primo, grandioso, punto di vista sulle pareti rocciose del gruppo delle Pale di San Martino. Completato il rilassante giro, si ritorna verso il parcheggio per prendere ora la stradina bianca (cartello “MF Muse Fedaie”) che si allontana come sospesa tra prati e bosco e con andamento sinuoso porta a passare davanti ad un edificio dove si trova il primo dei “legni”, ossia strutture con sedute, opere artistiche e pannelli, ognuno narrante un diverso aspetto naturalistico, prendendo come spunto la figura di una Musa, per sottolineare come per il mondo sia importante la biodiversità; ed allora, ecco Galatea che ci dice quante specie di pecore tipiche ci sono sul territorio italiano.
Deviando verso destra si trova la postazione di Igea, con un rinfrancante percorso Kneipp dove immergere braccia e piedi nudi per una rilassante pausa (1.040 m/slm). Dopo la benefica e tonificante immersione nelle acque fresche, si ritorna al legno di Galatea per poi continuare lungo la stradella bianca, avendo davanti agli occhi la bellezza di prati che si aprono come un ventaglio per far apparire il gruppo delle Pale in tutta la loro austera magnificenza. Con prati a sinistra e boschi a destra, si arriva alla postazione dai vetri colorati di Talìa, mentre più avanti Mnemosyne ci fa scoprire come questa piacevole valle sia rimasta uguale nel tempo sovrapponendo una vecchia foto al paesaggio reale. Il percorso, sempre ben indicato dai cartelli “Sentiero delle Muse”, fa deviare decisamente a sinistra, passa nei pressi dei resti di una calchera (forno per la produzione di calce) e fa avvicinare all’orto di Villa Welsperg. Si aggira l’edificio passando di fronte all’area giochi con la struttura del Grande Cervo per poi allungarsi, sempre in dislivello piacevole, lungo altri grandiosi prati delimitati da fitti boschi. La postazione di Gea propone un percorso barefoot, da fare a piedi nudi per massaggiarli con diversi elementi naturali mentre sono già in vista i cavalli di legno, a grandezza naturale, della postazione di Artemide.
Si devia di nuovo verso sinistra per passare davanti ai due edifici rurali di località Camp (1.080 m/slm) e si scende sulla strada asfaltata. Se ne percorrono pochi metri verso destra, giusto per raggiungere il ponte che permette di attraversare l’impetuoso torrente Canali. Appena al di là si prende il sentiero a sinistra che procedendo all’ombra di un piacevole bosco a predominanza di abeti rossi segue il corso dell’acqua, mentre alcune tracce permettono di scendere verso sinistra, così da avvicinarsi alle rive caratterizzate dai sassi bianchi. Il gradevole sentiero termina in un parcheggio con fontana (1.078 m/slm), superato il quale si trova un bellissimo tratto di spiaggia sassosa, mentre dopo un ponte l’acqua tumultuosa si allarga in un tranquillo bacino dal bellissimo colore ceruleo. Con il ponte si supera il torrente e si arriva sulla strada asfaltata principale. Si va a destra, ma prima alzate gli occhi: dalla parte opposta della strada un impressionante e suggestivo faggio si abbarbica da trecento anni alle rocce creando un ambiente degno di Tolkien! Si prosegue su marciapiede seguendo la strada, passando davanti alla postazione delle Najadi dove gocce “d’acqua” sospese offrono una vista inconsueta delle Pale, per ritrovarsi in breve al punto di partenza.
VERSO GLI OCCHI DEL CIELO: LAGHI DI COLBRICON
Dati totali: dislivello 150 metri - distanza 4,5 km - tempo di percorrenza 1h30’
Il Passo Rolle è una delle mete imperdibili se si viene in zona, perché offre una delle più belle viste sulle Pale di San Martino e ci si trova proprio nel cuore del Parco. Una delle passeggiate più semplici è quella che porta in modo facile e rilassante ai Laghi di Colbricon. La partenza è dal parcheggio vicino a Malga Rolle (1.898 m/slm): attraversata la strada, si prende l’evidente sterrata chiusa da una barra (cartelli didattici e cartelli bianco/rossi “348”), e al cospetto delle impressionanti Pale di San Martino, dominate dal Cimon della Pala (3.184 m/ slm), si scende fino ai pressi del ristoro Chalet La Baita, vicini ad un impianto invernale.
Si devia decisamente a destra, superando un ponticello ed il tracciato diventa un ampio e comodo sentiero che alternando brevi salite a tratti graduali si inoltra in un bosco di abeti rossi suggestivi e ombrosi, arrivando a toccare la quota massima dell’intero percorso (1.950 m/slm circa). Quando il sentiero comincia a scendere aumentano i larici e appaiono verso destra i laghi, un po’ nascosti dalla vegetazione, mentre in discesa si arriva al rifugio (1.927 m/slm), proprio nei pressi della nostra meta. Superato l’edificio si può percorrere l’intero giro del primo dei due specchi d’acqua su comodo sentiero, passando lungo le rive sabbiose, poi in posizione più elevata per abbassarsi di nuovo sulla riva settentrionale, più paludosa. Ovviamente, non c’è che l’imbarazzo della scelta su dove fermarsi per una sostanziosa merenda e un meritato riposo. Prima di ritornare al rifugio, un sentiero a sinistra porta al secondo lago, meno battuto del primo, dove appaiono le punte delle Pale di San Martino, mentre a nord appare il gruppo montuoso del Lagorai e, se il meteo lo permette, anche quelli della Marmolada e del Catinaccio. Il sentiero, ora più stretto, percorre prima la riva occidentale tenendosi molto alto rispetto al livello dell’acqua, per poi allontanarsi un poco, così da scendere all’emissario del lago, attraversarlo e percorrere la riva opposta, più bassa e un poco paludosa. Quasi alla fine del lago, il sentiero si stacca da esso salendo a sinistra, ripido ma breve, arrivando sull’ampio sentiero già percorso all’andata. Da qui si ripercorre la medesima via già fatta.
UN GRANDE CLASSICO: BAITA SEGANTINI
Dati totali: dislivello 400 metri - distanza 7 km - tempo di percorrenza 2h30'
Sempre dal Passo Rolle, la più classica delle escursioni porta facilmente a panorami grandiosi: questa volta la partenza è proprio da Passo ((1.960 m/slm) da dove si propongono due possibili vie. La prima segue interamente la strada sterrata che con ampie curve graduali porta passo passo alla meta: si incontra un unico incrocio, dove si deve prendere la prima strada bianca a destra (cartello “Baita Segantini - strada”), per il resto non presenta altri bivi con strade analoghe, ma solo con sentieri, che vanno ignorati. In questo modo, il percorso di sola andata è di 3 km. Ma noi suggeriamo l’alternativa che segue invece il sentiero lungo 2 km, un tracciato un poco più ripido ma meno battuto e molto rilassante poiché passa più vicino ai verdi prati. Alla partenza si può prendere da subito il sentiero, passando adiacenti al tapis roulant che fa attraversare una verde valletta. Giunti in prossimità di un incrocio di strade, si prende il sentiero a destra (cartello Baita Segantini - sentiero”) che, sempre ben evidente, sale al cospetto delle ripide pareti rocciose, in salita costante e privo di bivi. Si giunge in vista della Capanna Cervino, ma non la si raggiunge, tenendosi ancora su sentiero che dopo un po’ diventa parallelo alla strada per poi raccordarvi. Si segue ora la sterrata verso destra, in leggera salita, arrivando ad un primo lago, ormai interrato e paludoso. Dietro la curva seguente, ecco il piccolo laghetto che anticipa la Baita Segantini (2.180 m/slm), edificio tipico che si staglia contro le rocce del gruppo delle Pale di San Martino, con il Cimon della Pala (3.184 m/slm) all’estrema destra e la Cima della Venegiota (2.401 m/slm) a sinistra. L’ideale sarebbe arrivare nel tardo pomeriggio, quando la luce del tramonto colora le cime che si specchiano così nel laghetto, regalando una sensazione davvero unica all'intero ambiente. Una volta ammirato il panorama, si prosegue lungo la sterrata che scende in direzione della Val Venegia, ma attenzione all’ampio sentiero a sinistra (2.140 m/slm, cartello “R01 Castellazzo -Trekking del Cristo Pensante”) che con salita graduale aggira il verde dosso del Costazza (2.282 m/slm), aprendo ulteriori grandiosi scorci panoramici. Il sentiero, graduale ed molto piacevole, scende ad un bivio ai piedi del roccioso Castellazzo (2.333 m/slm). Se ci si sente stanchi, è meglio andare a sinistra (cartello “Passo Rolle”) e con discesa graduale si raccorda sulla strada che collega Passo Rolle alla Baita Segantini; altrimenti, avendo ancora un po’ di energia in corpo, si può andare a destra per affrontare l’anello del Trekking del Cristo Pensante che porta quasi in cima al monte Castellazzo, da cui si apre una vista a 360°. Si prende quindi il sentiero a destra (cartello R01 Castellazzo -Trekking del Cristo Pensante”) a tratti lastricato. Inizialmente graduale, aggira il monte Castellazzo per poi salire in maniera decisa, affrontando una serie di stretti tornanti che portano ripidamente nei pressi della cima dove si trova una croce metallica, la statua del Cristo e i resti di gallerie e ricoveri militari. La vista da quassù toglie il fiato e merita la fatica necessaria ad arrivarci. Proseguendo oltre, si imbocca il sentiero (non segnalato, ma evidente) che scende dal versante opposto, sempre ripido, che porta a collegarsi con quello graduale che porta sulla strada che collega Passo Rolle alla Baita Segnatini. Una breve discesa, a questo punto, conduce direttamente alla Baita Cervino, dove si può scegliere se proseguire su strada asfaltata o riprendere invece il sentiero fatto all’andata
PER INTENDITORI SAGRON MIS, L’ANELLO DE GLI INTRECCI DEL TEMPO
Dati totali: dislivello 300 metri - distanza 7,5 km - tempo di percorrenza 3h
Sagron Mis è un po’ un’anomalia: si deve superare un passo, il Cereda, per raggiungere questa località e sembra strano che faccia parte del Primiero perché di fronte si aprono le Dolomiti Bellunesi. In effetti, è l’unico comune trentino sullo spartiacque veneto, facendo parte del bacino idrografico del Piave, ed è più vicino a Belluno che a Trento. Piazzato tra il Parco delle Pale di San Martino e quello delle Dolomiti Bellunesi, è un luogo magico, sospeso nel tempo e nella quiete. L’avvio della passeggiata è dai pressi dello Chalet Giasenei (1.122 m/slm) dove si trova il cartello bianco/rosso di inizio sentiero (“IDT/ Intrecci del Tempo - Val delle Mòneghe”): si imbocca la stradina che passa davanti ad una pedana di legno, attraversando una suggestiva zona di grandi massi erratici. Attenzione: poco dopo la pedana non si segue sempre l’evidente stradina bianca in salita, ma si deve deviare a sinistra, verso una casetta isolata; subito dopo l’edificio, si trova il cartello e il primo dei diciannove totem che scandiscono il percorso e narrano degli “intrecci del tempo”, riportando memorie storiche di ieri e di oggi, leggende e nozioni sulla geologia della valle. Da qui in poi si cammina sempre nel fitto del bosco, a tratti a maggioranza di abeti rossi, a tratti formato da suggestivi faggi. Si prende quindi il sentiero in leggera discesa, passando di fronte a una calchera, il forno dove si produceva la calce, insolitamente intatto, per poi scendere ad una sterrata che va seguita a destra, inizialmente in salita e poi di nuovo in discesa, mentre il tracciato da sterrato diventa di vecchio asfalto. Si passa a monte di alcuni edifici e giunti ad una piccola radura il percorso gira a sinistra e diventa sentiero in ripida discesa, tra tronchi abbattuti, per attraversare una stretta forra. Risaliti al di là, si prosegue sul sentiero prendendo a sinistra al primo bivio, scendendo in vista della strada asfaltata ma senza raggiungerla e tenendosi parallelo ad essa. Dopo il totem numero 4, si arriva alla strada asfaltata percorrendola verso destra, in salita. Ci si tiene sempre sulla strada che procede graduale diventando presto sterrata fino al un punto in cui si presenta un bivio evidente: si prende a destra in salita (cartello “Prà de le Fante”), con la pista forestale che sale in maniera continua mentre a destra, in basso, appare alla vista la strada fatta in precedenza. All’unico bivio si tiene la sinistra, raggiungendo in breve gli edifici del Ronch de le Giasene (1.185 m/slm), su una radura. La pista diventa sentiero tornando nel bosco e proseguendo la salita così da arrivare alla radura di Prà de le Fante (1.244 m/slm), nei pressi di un vecchio edificio di legno da cui si apre la vista sulle rocciose pareti del gruppo del Cimonega. Il tracciato porta oltre l’edificio, ritorna nel bosco diventando ancora sterrato e si arriva al rifugio forestale (1.265 m/slm) dalla cui terrazza si possono ammirare le austere pareti che delimitano l’alta Val delle Mòneghe. Dopo essersi riposati e aver ammirato il panorama, si prosegue sulla sterrata passando davanti ad una fontana e dopo una leggera salita si arriva nei pressi di una casa ben recuperata (1.300 m/slm circa). La strada diventa asfaltata e scende in maniera decisa, con diverse curve che fan perdere rapidamente quota e portando a sbucare a poca distanza dal parcheggio di partenza.
GLI AUTORI
Annalisa Porporato e Franco Voglino sono travel writer della provincia di Torino, appassionati trekker, fotografi e collaboratori di riviste di escursionismo, viaggi e magazine con tematiche family friendly. Hanno mappato e sviluppato percorsi a piedi per numerosi enti del turismo. Da sempre viaggiano in modo autonomo, vivendo i ritmi lenti del cammino, così da avere il tempo di crearsi un sogno. La loro passione si è concretizzata nella stesura di numerose guide escursionistiche con vari editori. Al momento, si stanno occupando di percorsi Benessere e Forest bathing nelle regioni e parchi d’Italia.