Musaba, ovvero il Museo di Santa Barbara

Visitare i musei disseminati per il territorio significa attraversare un varco spazio-temporale sempre aperto sulle porte del passato, ma che guarda sempre al futuro. Le rigogliose pendici dell’Aspromonte avvolgono i borghi di questa zona in provincia di Reggio Calabria: la fitta vegetazione filtra la luce anche nelle ore più calde e offre riparo dalla canicola estiva. In particolare, Mammola - paesino a soli dieci chilometri dal Mar Ionio - occupa una posizione che riflette le due anime della Calabria, fatte di mare limpido e montagne impervie. Nonostante la sua triste fama, la Locride rappresenta una delle maggiori aree di attrazione turistica e culturale dell’intera Calabria, disseminata com’è di antiche vestigia della Magna Grecia. E se la Costa dei Gelsomini è meta da scegliere se si amano le spiagge e il mare, l’entroterra aspromontano offre possibilità di scoperta sempre nuove. Alla fine degli anni Sessanta l’artista Nik Spatari tornò qui per fondere le proprie radici con nuove ispirazioni artistiche e creare un Parco Museo che da solo merita il viaggio.

MUSABA: DOVE LA TRADIZIONE INCONTRA L’ARTE CONTEMPORANEA

Incastrato tra la montagna e l’Autostrada del Sole, il Musaba è un tesoro che va conquistato. Al parcheggio si lasciano i veicoli e si prosegue a piedi fino alla cima della collina, dove sorge la maggior parte del museo. Non affrettatevi, però, e concedetevi il tempo di salire lentamente, osservando l’arte che al Musaba è un po’ ovunque, a partire dai piloni dei cavalcavia. Questo parco-laboratorio sorge intorno ai resti di un antico complesso monastico del X secolo che Nick Spatari e la moglie Hiske Maas scelsero per creare un luogo di sperimentazione artistica e condividere nuove frontiere di materia e colore.

L’acronimo Musaba sta per Museo di Santa Barbara, nome del promontorio su cui sorge. È un luogo dalla storia antica: pare infatti che già nel IV secolo vi fosse un complesso monastico certosino poi passato agli abati cistercensi tra 1193 e il 1514. Il recupero dell’area ha richiesto cinquant’anni e se all’inizio qui non c’era nemmeno la corrente elettrica, oggi il complesso include un parco di sette ettari, una foresteria, la chiesa di Santa Barbara - punto focale dell’insiemee l’ex stazione ferroviaria di Santa Barbara, attualmente un laboratorio di sperimentazioni artistiche. Questo luogo, però, non è solo un museo. Camminare sui sentieri che costeggiano le opere significa riflettere sulla granitica determinazione dei suoi creatori: immaginate le difficoltà e l’ostruzionismo che hanno dovuto affrontare in un periodo tristemente noto per i sequestri di persona. Colori, statue e complicatissimi mosaici fanno di questo posto un angolo di ricerca interiore. Qui si possono passare ore alla ricerca dei dettagli: un volto che emerge da una pietra, una piccola maiolica mimetizzata in un’opera gigantesca, geroglifici avvolti dalla vegetazione. Creare il parco-museo è stato un modo di rivalutare le origini di Nik, riconoscendone il grande valore storico e artistico. Il Musaba, inoltre, racconta la storia d’amore dei due artisti che, insieme, mattone dopo mattone sono riusciti a realizzare un sogno. Qui tutto parla di loro e anche se oggi Nik non c’è più (purtroppo ci ha lasciati nel 2020) il progetto continua a illuminare questa splendida terra.

IL SOGNO DI GIACOBBE

Quel che rimaneva della chiesa di Santa Barbara è stato restaurato per ospitare l’imponente opera “Il sogno di Giacobbe”, un immenso lavoro realizzato tra il 1990 e il 1994 che racchiude la poetica dell’artista. Per questa particolare realizzazione, Spatari si è lasciato guidare dalla narrazione biblica e lo stupefacente effetto tridimensionale è dovuto a una particolare tecnica ideata da Nik: le figure sono ritagliate su sottili pannelli di legno per poi essere dipinti e applicati come figure sospese in aria. Un incanto lungo quasi quindici metri, dai vivaci colori.

LA FORESTERIA E IL MOSAICO MONUMENTALE

Altro punto focale del Musaba è la foresteria, pensata per assolvere compiti funzionali alle attività artistiche e formative del parco museo. Dotata di ventidue posti letto, è ispirata alle regole della vita monastica: ogni cella è stata decorata in base ai canoni della pittura dell’artista. Ma il vero capolavoro è nel chiostro della foresteria, dove si trova il mosaico monumentale, opera in cui si fondono colori, geometria e architettura: si compone di due facciate, una di fronte all’altra, e riporta diverse scene appartenenti alla tradizione cristiana e alla civiltà sumera. Al centro del chiostro svetta “Ombra della sera”, una scultura in ferro di quindici metri di altezza che raffigura un uomo, sottile e imponente al tempo stesso, che sembra ergersi a custode dell’arte e del parco intero.

Il Musaba è un allenamento per gli occhi, la mente e il cuore. Qui si diventa più sensibili e ricettivi grazie alla storia d’amore tra Nik, l’arte e la Calabria.

LA ROSA DEI VENTI

Nik con l’opera ultimata nel 2012 si è ispirato alla Rosa dei Venti, metafora della nautica mediterranea fin dai tempi più antichi. Spatari concentra i suoi progetti sull’evoluzione della storia mediterranea nella più significativa espressione visivo - scientifica: le arti, l’architettura, l’ambiente e le scienze dell’uomo in tutti gli aspetti antropologici formali, sociali, materiali eclettici. La nuova costruzione annessa al museo, realizzata con forme geometriche ispirate ai triangoli egizi e agli esagoni dell’oriente antico, è costruita con materiali recuperati nel sito: pietre antiche riemerse dalle rovine dell’ex complesso e dai sottostanti torrenti Torbido e Neblà; travi e legname dei vicini boschi; rivestimenti interno/esterno con ceramiche colorate sponsorizzate dalla ditta tedesca Buchtal Deutsche Steinzeug.

MAMMOLA: TRA CIELO E MARE

Immerso tra i misteriosi boschi delle Serre Calabresi e il paesaggio primitivo dell’Aspromonte, il borgo di Mammola si erge timido e silente a poca distanza dal Musaba, che l’ha reso celebre. Fondato nel IV secolo a.C. sui resti dell’antica città greca di Malèa, Mammola sorge su una rocca che vide il sanguinoso scontro tra Krotoniani e Locresi culminare nella leggendaria battaglia del fiume Sagra: chiamata “Il giorno dell’aquila” come simbolo per chi riuscì a osservare dall’alto gli schieramenti delle falangi greche nei campi di battaglia, poco prima che l’eco di un corno risuonasse nell’aria, dando così via alla lotta. Nik Spatari, nel suo libro “L’enigma delle arti asittite nella Calabria ultra-mediterranea”, considera la possibilità che il fiume Sagra, in realtà, corrispondesse a uno degli odierni corsi d’acqua: il Torbido, o molto probabilmente l’Allaro. Qui si parla un dialetto unico, frutto delle tante mescolanze linguistiche della zona, che dal greco e all’arabo arrivano fino al francese e allo spagnolo. Dai fasti della Magna Grecia a oggi, Mammola è sempre stata un centro importante di arte, storia, cultura e gastronomia: un insieme che profuma di gelsomini, bergamotto e montagna.

GASTRONOMIA E SAGRE

Mammola è conosciuta anche come città dello stoccafisso: dal 1978, ogni anno il 9 agosto fa da scenografia a una rinomata sagra a esso dedicata, durante la quale è possibile gustarne ogni declinazione in versione calabrese. Ma qui non si viene solo per il merluzzo essiccato. Le tante ricette tradizionali, preparate con ingredienti semplici e genuini, sono proposte durante le tante fiere a tema gastronomico. C’è la ricotta caprina dalla lavorazione primitiva e affascinante, che si affianca a quella del gustosissimo caprino della Limina. Non mancano i salumi piccanti o aromatizzati al finocchietto selvatico, la pizzata di mais e le nacatole, dolci fritti tipici del periodo natalizio la cui prima ricetta si è persa nella notte dei tempi. Meno famose ma altrettanto interessanti, la Festa del Fungo e quella dei Sapori si svolgono tra ottobre e dicembre, proponendo ai partecipanti autentiche delizie della tradizione. L’Anthesteria, infine, è una festa delle antiche popolazioni della Magna Grecia: si svolge in primavera e unisce la degustazione di piatti tradizionali a una visita approfondita del borgo.

UNA VITA P E R L'ARTE : NIK SPATARI E HISKE MAAS

Nato a Mammola nel 1929, Nik Spatari si dedicò all’arte sin da bambino. A nove anni vinse il premio internazionale di pittura dell’Asse Roma-Tokyo-Berlino, ma due anni più tardi perse l’udito, circostanza che lo costrinse a formarsi da autodidatta, convogliando le sue ricerche verso la scultura e l’architettura. Viaggiò a lungo in Europa e, alla fine degli anni Cinquanta, si trasferì per un breve periodo a Losanna, prima di approdare a Parigi, entrando in contatto con il vivace e stimolante ambiente culturale e artistico della città: per circa due anni frequentò lo studio di Le Corbusier, conobbe Jean Cocteau e incontrò Pablo Picasso e Max Ernst. Nel 1966, Spatari si stabilisce a Milano dove conosce Hiske Maas, con cui decide di dividere l’esistenza in campo personale e lavorativo. Nel 1969, infatti, si impegnano in un nuovo progetto che coniuga arte, storia, architettura e ambiente: ha così inizio il sogno del Musaba. Hiske Maas, artista e manager olandese, è organizzatrice instancabile e anticonformista che convoglia verso mete concrete la creatività esuberante di Spatari: prima di diventare una gallerista a Milano, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti ad Amsterdam, Londra, Losanna, Parigi e New York e sfidato ed affrontato per oltre quarant’anni la burocrazia italiana e le angherie locali per riuscire ad acquistare l’ex complesso monastico Santa Barbara, l’ex stazione Calabro Lucana e, metro per metro, i terreni che oggi costituiscono il Musaba.

GRADISCE QUALCOSA DI PICCANTE?

Il peperoncino, per cui la Calabria è nota in tutto il mondo, non nasce in realtà in questa regione ma millenni fa nelle terre dell’odierna America Latina dove gli Indios lo coltivavano per il sapore e per le proprietà, che avevano già iniziato a riconoscere. Durante il periodo coloniale, gli Spagnoli lo portarono in Europa e in Africa, dove veniva usato per cucinare e per conservare i cibi, soprattutto nelle zone più povere dove maggiore era il bisogno di preservare quel poco che la natura poteva offrire. La zona di Reggio Calabria, grazie al clima caldo, simile a quello di Messico e Cile Tropicale, è il territorio italiano che più ha contribuito alla coltivazione della pregiata bacca piccante. Oggi, il peperoncino calabrese è tra i principali prodotti tipici come base per specialità gastronomiche e piatti tradizionali, ma non è solo piccante e saporito. Studi storici e moderni gli attribuiscono molte proprietà benefiche: la capsaicina - principio attivo che dona al peperoncino il gusto piccante sulla lingua e sul palato - riduce lo stress dando all’organismo nuova energia. Inoltre è ricco di vitamina C. E non tutti sanno che la piccantezza dei peperoncini è misurata empiricamente tramite la scala di Scoville, in gradi da 0 a 10, e quantitativamente in unità di Scoville, basate in p.p.m peso/ peso di capsaicina e diidrocapsaicina. Il peperone dolce ha ad esempio zero unità Scoville, i Jalapeños tra 3.000 e 6.000 Scoville, mentre gli Habanero arrivano a 300.000 unità Scoville; il peperoncino calabrese ne ha circa 15.000.

STOCCO, DALLA NORVEGIA A MAMMOLA

Il merluzzo essiccato, stokkfisk in norvegese, ha trovato la sua perfetta collocazione a Mammola. È nell’entroterra reggino che esperte mani artigiane sanno trasformare il merluzzo importato dai Paesi nordici in un alimento prezioso. I mammolesi hanno saputo appropriarsi con sapienza di una tradizione tipica del Nord Europa: si dice che un elemento fondamentale per la buona riuscita del processo di ammollo e dissalatura a Mammola sia l’acqua utilizzata che, provenendo dalle tante sorgenti dei dintorni, pare abbia una particolare composizione capace di determinare un pesce bianco, compatto e dal gusto inimitabile. La ricetta tradizionale dello stocco alla mammolese prevede il pesce cotto con pomodori, peperoncini, cipolla di Tropea, olive, patate e olio extravergine. Essendo poi lo stoccafisso di Mammola di altissima qualità, inoltre, si usa mangiarlo crudo, tagliato a cubetti e condito con limone, olio extravergine, peperoncino, origano e sale.

Federica Giuliani