Nel torneo tra i marchi l’arbitro è il cliente che avvia, dirige e arresta il gioco: è anche di questo che i grandi gruppi devono tener conto.
Il recente matrimonio tra la tedesca Erwin Hymer Group e l’americana Thor Industries che ha acquisito il gruppo con sede a Bad Waldsee, in Germania, di fatto ha creato il più grande produttore di camper al mondo, con una posizione di leader sia in Nord America che in Europa, conferendo così un’impronta globale alle vendite e produzione dei molti brand dei due gruppi.
Del termine “globalizzazione” si è parlato e spesso abusato anche nel nostro settore, ma è un dato di fatto che la realtà delle operazioni di acquisizione, fusione e joint venture progettate, tentate e concluse in questa prima parte del terzo millennio, oltre a costituire una lineare collaborazione tecnico-produttiva tra aziende, sono una dimostrazione che la logica delle grandi concentrazioni ha indubbiamente cambiato la geografia del caravanning, rendendo i suoi confini sempre meno distinti e permeabili alle decisioni dei vari gruppi dominanti.
Sono finiti dunque i tempi delle divisioni e del farsi largo a forza di gomitate? Più realisticamente sono convinto che finalmente in molti hanno compreso che è importante “marciare divisi, ma colpire uniti”, come a suo tempo affermato dal conte Helmut von Moltke vincitore della guerra franco-prussiana. La strada del dialogo, delle sinergie e dell’unione sembra quindi essere quella giusta se si vuole raggiungere traguardi comuni. Di contro, come se fosse il frutto di una sapiente regia, da un lato abbiamo i grandi concentramenti, dall’altro le pochissime aziende senza partner, comprese quelle della componentistica e i piccoli allestitori, i quali per poter proseguire nel loro non facile compito, raccolgono qualche briciola caduta dalla mensa dei potenti.
In questo panorama, la globalizzazione del settore sembra essere ormai un destino ineluttabile. Tutto questo per il cliente finale è d’interesse marginale. L’acquirente è interessato al prodotto e al suo utilizzo, avendo giustamente più a cuore l’investimento iniziale, l’affidabilità del veicolo, come pure, una volta fatto l’acquisto, la qualità dell’accoglienza al momento della sosta. La domanda, allora, è se al centro di tutto questo cambiamento, è possibile trovare concrete opportunità per il cliente, qualcosa di reale e positivo. Indubbiamente la standardizzazione delle più recenti generazioni di camper e caravan, ha garantito una maggiore libertà nella scelta, permettendoci, ad esempio, di poter acquistare un autocaravan completo - e non solo del minimo indispensabile - con meno di cinquantamila euro. Questo è il primo segnale che i tempi sono cambiati positivamente. È proprio grazie ad operazioni sinergiche, ma anche finanziarie, che i costruttori hanno potuto migliorare il prodotto senza aumentarne il prezzo.
Esiste allora l’inevitabilità della manipolazione genetica anche negli autocaravan e nelle caravan? Può sembrare una provocazione, ma in tempo di globalizzazione la perdita di identità è il rischio più diretto. Un settore dominato da pochi gruppi potenti che si autoregolano, è una scelta che, forse, non a tutti piace. Ecco perché dopo aver creato gruppi sempre più grandi, c’è chi ha individuato la necessità di dedicare ad alcuni marchi un’attenzione particolare, per preservarne la differenziazione.
Insomma, far crescere e prosperare le varie aziende del gruppo grazie alla propria potenza finanziaria e all’espansione nei paesi dove sia conveniente partecipare al business del turismo itinerante, lasciando però ad alcuni marchi una più o meno dichiarata identità. Il mondo del caravanning si presenta perciò diviso tra vecchi e nuovi confini. È una competizione frenetica, nella vorticosa ricerca di alleanze e nel proliferare di nuovi modelli fotocopia. Come per ogni gara, anche questa ha bisogno di un arbitro che avvia, dirige e arresta il gioco. Nel torneo tra i marchi l’arbitro è da sempre il cliente che per decidere e poi comprare, oltre alle risorse materiali, vuole anche colpi di fantasia e idee. È anche di questo i grandi gruppi devono tener conto.