Alla scoperta di due luoghi unici: la città bianca, la città blu.
Le case in stile andaluso di Chefchaouen (la seconda tra le due mete: la città bianca, la città blu) creano una scenografia perfetta per ogni viaggio e per ogni sogno. Camminare per gli stretti vicoli immergendosi nel blu abbagliante dei muri, è come nuotare in una grande piscina. Ci sono tante teorie sul motivo per cui sia stato scelto di tingere le abitazioni con questa forte tonalità: si dice lo abbiano fatto gli ebrei in fuga dall’Inquisizione Spagnola nel XV secolo per simboleggiare il Paradiso; altri pensano che il colore blu aiuti a tener lontane le zanzare, ma anche che contribuisca a mantenere freschi gli interni durante la calda estate.
In realtà, nessuna di queste ipotesi poggia su reali fondamenta, ma ciò non toglie nulla all’incanto che si crea. La cosa più importante da fare a Chefchaouen è perdersi nella medina: al suo interno si concentrano gli edifici e gli scorci più suggestivi. Proprio nel cuore della medina c’è piazza Uta el Hamman, dove confluiscono quasi tutte le stradine della labirintica città. È il posto perfetto per una pausa e osservare scorrere la vita locale: basta accomodarsi a uno dei bar o dei ristoranti per sorseggiare un tè e mangiare qualcosa. La sera, complice una temperatura più fresca, è molto più vivace ma nulla di troppo caotico.
LA KASBAH
Tra le tante case blu di Chefchaouen spicca una costruzione in pietra color rosa salmone; è la Kasbah, una fortezza cinta da mura eretta tra il XV e il XVI secolo per desiderio di Abu al-Hassan Ali ibn Moussa ibn Rashid al-Alami, fondatore della città. Un piccolo ma affascinante edificio in stile andalusomagrebino che vanta undici torri: è possibile salire in cima ad alcune di esse per ammirare il panorama sulla città. La fortezza ospita il Museo Etnografico e una piccola galleria d’arte, tra le mura inoltre c’è un ombreggiato giardino dove trovare refrigerio.
LA GRANDE MOSCHEA
Si distingue per il minareto ottagonale, forma che risente delle influenze dell’architettura andalusa e, anche in questo caso, l’edificio non è di colore blu ma è tinto con toni neutri del beige e del mattone. Uno dei principali accessi è la porta Bab el Ain, che colpisce per l’imponente facciata color terracotta. L’aula di preghiera occupa una posizione centrale e lo spazio interno è diviso in otto navate parallele al muro della qibla (nicchia che indica la direzione di La Mecca), ciascuna delle quali è suddivisa in sette campate. L’interno è privo di decorazioni mentre il minareto ne presenta una con spigoli in laterizio, arcate e piccole aperture; la parte superiore è decorata da pannelli di zellij.
I MOSAICI ZILLĪJ
Zellij è uno stile di mosaico realizzato con pezzi di piastrelle cesellati a mano. I frammenti, di colori diversi, sono montati insieme per formare soprattutto elaborati motivi geometrici d’ispirazione islamica. Questa forma di arte si trova nell’architettura tradizionale del Marocco, ma anche in Algeria, nei primi siti islamici in Tunisia e nei monumenti storici d’Andalusia, nella penisola iberica. Dal XIV secolo, questo tipo di mosaico è diventato elemento decorativo anche di fontane, piscine e pavimenti. Il termine zillīj deriva dal verbo zalaja che significa “scivolare”, in riferimento alla superficie liscia e smaltata delle piastrelle. La parola azulejo, che si riferisce a uno stile di piastrelle dipinte in Portogallo e Spagna, deriva proprio dalla parola zillīj.
COSA MANGIARE
La cucina marocchina è ricca e variegata grazie alle influenze berbere, moresche, mediterranee e arabe. I piatti da assaggiare sono molti e non bisogna avere timore di mangiare nei mercati: il mix di sapori e profumi soddisferà ogni tipo di palato. Il cous cous, uno dei piatti più conosciuti della cucina tradizionale marocchina, si prepara con verdure, pollo, manzo o legumi. Originario del Maghreb, il suo condimento varia da famiglia a famiglia, secondo le ricette tramandate dagli antenati.
Anche del Tajine esistono diverse varianti, ma è quella con pollo ed agnello che offre il suo meglio: è tradizionalmente cotto all’interno dell’omonima pentola di terracotta, dotata di un coperchio forma di cono che contribuisce alla concentrazione di succhi e aromi. La Pastilla è invece un piatto molto particolare, che consigliamo di provare. Si tratta di uno sformato di carne e spezie, di norma servito come ricco antipasto. Originariamente a base di carne di piccione, è oggi preparato con pollo o altri tipi di carne o pesce. Di solito viene cucinato il giorno prima di consumarlo e il suo insieme di sapori salati e dolci, per la presenza di zucchero e cannella, è una vera delizia. Infine, ci sono i dolci: tutti a base di frutta secca, sono perfetti per una ricca colazione o merenda, da accompagnare al tè o a un succo di frutta fresca.
Tra le tante tipologie, le Corna di Gazzella, una sorta di gnocco aromatico ripieno di mandorle e spezie la cui forma ricorda le corna dell’animale, che nel mondo arabo è associato alla bellezza e all’eleganza. A causa del loro alto potere nutritivo, le Chebakia sono invece uno dei dolci marocchini più popolari per rompere il digiuno durante il Ramadan: si preparano con un impasto di farina di grano tenero, modellato in strisce arrotolate prima di essere fritto.
NEI DINTORNI DI CHEFCHAOUEN
Per osservare la città da un altro punto di vista vale la pena raggiungere - con una camminata di circa 45 minuti - la Moschea Spagnola, arroccata sulla collina. Nonostante sia stata ristrutturata di recente, dopo un periodo di declino, non è una moschea in servizio ed è perciò visitabile liberamente. Chi vuole godersi la natura circostante, inoltre, può raggiungere la cascata formata dal fiume Ras el- Maa con una passeggiata dal centro di Chefchaouen. Non è uno spettacolo mozzafiato - le piccole cascate formano salti di piccoli metri - ma è bello il contesto: un’oasi verde a ridosso delle mura. Si trova appena oltre la porta nord-orientale della medina ed è facilmente raggiungibile a piedi dalla cittadina.
TETOUAN
A circa un’ora e mezza di strada da Chefchaouen, in direzione Tangeri, c’è Tetouan, la Colomba Bianca dall’architettura ispano-moresca. Il suo aspetto inalterato di città imperiale ha fatto sì che l’Unesco inserisse la sua medina nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
LA MEDINA
Annoverata tra i migliori esempi di città storiche dell’VIII secolo, è circondata su tre lati da mura, dotate di sette porte, e racchiude trentacinque edifici sacri tra moschee e santuari. Il quartiere ebraico, Mellah - la cui arteria principale conduce al Palazzo Reale - è da visitare soprattutto dopo il tramonto, quando si anima di luci e persone. Gli stretti vicoli di Tetouan custodiscono un delicato insieme di culture: fu costruita da emigranti andalusi in maniera tale che le basi del suo patrimonio culturale rimanessero quelle della loro terra d’origine. E questo è ciò che la distingue maggiormente da Tangeri, a cui comunque assomiglia.
Tetouan, per la sua posizione geografica, è sempre stata un crocevia di culture e civiltà mantenendo nel tempo un’atmosfera più cosmopolita rispetto, ad esempio, a Chefchaouen protetta com’è dalle montagne del Rif. Essendo stata per qualche tempo sotto il protettorato ispanico, Tetouan presenta molti monumenti in stile europeo come la chiesa Nostra Signora della Vittoria o l’antico casinò spagnolo. È una città ricca di storia, che conserva una grande autenticità nonostante sia aperta alle influenze esterne.
SOGGIORNARE IN UN RIAD
Vero simbolo dell’architettura popolare, per secoli è stata la tradizionale abitazione urbana all’interno di ogni medina del Marocco. La parola riyā deriva dal plurale arabo di giardino, ma indica anche il concetto di ricreazione e svago. La struttura prevede un insieme di stanze dislocate intorno a un cortile o giardino interno che, spesso, ospita una fontana decorativa. Oggi molti riad sono trasformati in lussuosi hotel e ristoranti: almeno una cena in uno di questi luoghi dall’eleganza senza tempo è un’esperienza da provare.
JBEN E SLOW FOOD
Lo Jben di Chefchaouen è un formaggio tradizionale fresco di latte di capre che si nutrono su pascoli naturali, ricchi di piante autoctone aromatiche e officinali. La sua produzione, conservazione e il consumo sono legati all’identità e al territorio della Città Blu.
Il formaggio è prodotto con latte non pastorizzato e caglio naturale estratto dallo stomaco di giovani ruminanti o dal fico e conservato grazie all’aggiunta di sale. Si consuma soprattutto a colazione, a volte accompagnato da olio d’oliva, da msemen (sorta di crêpes sottili e morbide) o altri tipi di pane. Il formaggio, prima di essere portato in tavola, deve essere lavato per eliminare l’eccesso di sale.
La vendita di Jben costituisce un’importante integrazione di reddito per gli allevatori di capre, che vendono i loro formaggi nei suq settimanali della regione. Lo Jben di capra è prodotto principalmente per il consumo familiare e le quantità di produzione sono molto basse; tuttavia un caseificio, l’Ajbane Chefchaouen, produce alcuni Jben da razza mista o da razza alpina. Questo prodotto tradizionale, così come le razze locali, è incluso nell’Arca del Gusto Slow Food in quanto appartengono alle comunità che li hanno preservati nel tempo, con l’obiettivo di conservarli e diffonderne la conoscenza.
LE CONCERIE
Anche se il forte odore proveniente dalle vasche può disturbare, una visita alle concerie è un’esperienza da non perdere. Dall’alto, potrete osservare gli ambienti dove sono trattate le pelli che si ritrovano poi nei negozi della città, dopo essere passate attraverso le diverse fasi di lavaggio, taglio, tintura e asciugatura. Ogni passaggio è effettuato manualmente in quella che può sembrare l’anticamera dell’inferno, ma che rappresenta una delle eccellenze della laboriosità marocchina. Un lavoro antico, lungo e faticoso, che merita di essere conosciuto per apprezzarne il reale valore.
ATAY NAA NAA, LA CERIMONIA DEL TÈ
La degustazione del tè in Marocco è un’abitudine radicata e molto diffusa: viene offerto nei negozi, al mercato, nella case, alla fine di un pasto e mentre si fa rifornimento al distributore. È preparato mescolando foglie di tè verde, soprattutto la varietà cinese Gunpowder, menta nanah e molto zucchero, anche se negli ultimi anni è proposta anche la versione non dolcificata. Il popolo marocchino ha sempre fatto grande consumo di infusi a base di menta, largamente coltivata, ma solo dopo il 1854 l’utilizzo del tè è diventato un’abitudine popolare, grazie all’arrivo degli inglesi nei porti marocchini e tunisini.
Offrire il tè agli ospiti è simbolo di amicizia e condivisione e, per questo prevede una vera cerimonia scandita da gesti precisi. Gli utensili utilizzati per la preparazione della bevanda sono diversi a seconda che il tè sia bevuto in città o nel deserto: nel secondo caso, ne verranno usati molti meno per questioni pratiche. È il capo famiglia a preparare il tè di fronte agli ospiti e, per tradizione, sono tre le infusioni offerte; ogni volta il tè avrà un sapore differente a causa del tempo di infusione.
Spesso è accompagnato da datteri - i Medjoul sono i più grandi e succosi - fichi secchi o pasticcini a base di frutta secca e miele. Il tè alla menta è profumatissimo e molto dissetante: proprio perché viene servito bollente, infatti, contribuisce a regolare la temperatura del corpo anche durante le torride estati.
I MERCATI DI TETOUAN
Visitare i mercati è il modo migliore per immergersi nella vivace vita locale: passeggiare tra le bancarelle colme di merci variopinte e osservare le persone che li frequentano per la spesa di ogni giorno permette di conoscere meglio la cultura marocchina, con l’artigianato in pelle, i tessuti e le ceramiche che riflettono un mondo di tradizione e bellezza. Nel suq si ascolta il suono degli artigiani al lavoro mentre realizzano sontuosi zellij o intagliano il legno. I manufatti si alternano ai tanti ottimi prodotti della gastronomia locale, che provengono dalle campagne intorno alla città: olive e fichi da gustare con lo Jben.
DA SAPERE
PER LA SOSTA
A Chefchaouen si può sostare presso il Camping Azilan, in Avenue Sidi Abdelhamid. Ombreggiato e molto comodo per raggiungere a piedi la cittadina. A Tetouan non c’è possibilità di sostare in campeggio o in un’area dedicata; per parcheggiare conviene recarsi nella zona del cimitero o presso i supermercati fuori dalle mura.
INFORMAZIONI UTILI
Quando andare: I periodi migliori per visitare il Marocco in camper sono la primavera e l’autunno, stagioni che permettono di godere di un clima secco ed evitare temperature troppo calde. Ma anche in estate la forte escursione termica tra giorno e notte permette di godersi il viaggio. Documenti: Per entrare in Marocco è necessario il passaporto, su cui verrà messo i timbri di ingresso e uscita direttamente in frontiera. Bisogna inoltre essere in possesso della Carta Verde: verificare prima di partire che l’assicurazione del veicolo includa la copertura per il Marocco; in caso mancasse, è possibile stipulare un’assicurazione temporanea in dogana. Da ascoltare: Le fontane di Tetouan, di Giuliana De Sio Da leggere: L’Hammam di Tahar Ben Jelloun: un pianista marocchino, ricco e famoso in tutta Europa, vive a Parigi con una moglie che lo ama e lo sostiene. Eppure non è felice e per “guarire” dovrà recuperare le proprie radici, i luoghi dell’infanzia e le abitudini dimenticate. Del medesimo autore, il volume di poesie Stelle velate.
Redazione: di Federica Giuliani - Foto di Fabiola Giuliani