Un viaggio in Francia per mettere la parola fine all'abitar viaggiando da parte del nostro lettore Luigi Bartezaghi
Siamo partiti il 7 agosto già sapendo che sarebbe stata l’ultima estate che avremmo trascorso in camper.
A luglio avevamo portato i nipoti al mare per la consueta e tanto attesa settimana al Tahiti, ma dopo solo due giorni avevo dovuto alzare bandiera bianca. I dolori causatimi dall’ernia laparocele mi avevano bloccato a letto e, dopo un veloce consulto al pronto soccorso, costretto a tornare a casa per un’analisi più approfondita col mio medico personale. “E’ un campanello d’allarme. Stavolta ti è andata bene, la prossima volta potrebbero doverti operare d’urgenza”.
L’età avanzata, i malanni, lo scarso utilizzo del camper ormai limitato al periodo estivo, la consapevolezza che avevamo un mezzo ideale per noi come coppia, ma inadatto per quattro persone erano argomenti troppo importanti per rimandare una decisione che era nell’aria da tempo ma che avevo sempre rifiutato di prendere in considerazione: il tempo dell’abitar viaggiando era finito e bisognava voltare pagina. Per l’ultimo grande viaggio abbiamo scelto la Francia, meta di tanti viaggi felici, per la facilità di viaggiare e l’estrema ospitalità nei confronti dei camperisti.
Abbiamo trascorso l’ultima notte a casa, soffocati dal caldo torrido che sta caratterizzando questa estate, nell’attesa di un messaggio da Marta che ci tranquillizzasse fossero arrivati in albergo a Dublino, prima tappa delle loro vacanze in Irlanda.
Venerdì, 7 agosto
Risveglio al rallentatore e preparazione in sordina. Alle 11 eravamo all’Esselunga di Baranzate per riempire il frigo delle ultime derrate fresche. Poco traffico per strada con l’asfalto che già rimanda il calore del nuovo giorno. All’ultimo momento ho deciso che sarebbe stato meglio modificare l’itinerario, meticolosamente pianificato, per andare a trascorrere la prima notte di viaggio al fresco sul passo del Sempione. Ci mancherà molto la flessibilità del camper che consente di variare la meta anche all’ultimo momento.
Accendiamo l’aria condizionata che rende gradevole il nostro viaggiare in silenzio, ascoltando solo i suoni del motore.
Usciamo dall’autostrada e pranziamo ad Arona nel piazzale dell’Esselunga, dove fermiamo perché Paola ha dimenticato a casa la lecitina, un aiuto indispensabile a stabilizzare i suoi valori di colesterolo.
Proseguiamo costeggiando il lago maggiore sulla bellissima costa piemontese, poi a Gravellona Toce riprendiamo la superstrada. Viaggiamo nelle ore di maggior caldo e quando arriviamo sul passo del Sempione, è un sollievo sentire il vento che ci raffredda i corpi. Camminiamo per sgranchirci le gambe, beviamo il the nello stesso locale in cui ci fermammo l’anno scorso – sperando porti bene – e poi ci riposiamo mentre la temperatura scende e il vento da confortevole si trasforma in fastidio. Prima di cena ci raggiunge la telefonata di Sabrina che ci informa dell’incidente che hanno avuto mentre da Briancon scendevano verso la costa azzurra, dove anche quest’anno avrebbero trascorso le vacanze in campeggio. In un rettilineo avevano perso la ruota del caravan; nessun ferito, tanto spavento e molta rabbia per il pericolo scampato e causato dall’incuria del costruttore e del rivenditore che probabilmente non avevano controllato il mezzo prima di immatricolarlo e consegnarlo. Ci sembra che la temperatura sia ulteriormente scesa.
Sabato, 8 agosto
Nonostante Davide ci abbia voluto tranquillizzare, sostenendo che non fosse il caso di interrompere le nostre vacanze, torniamo in Italia per raggiungerli a Briancon, dove sono fermi in campeggio. Il percorso più veloce e scorrevole è in autostrada.
Mentre scendiamo dal Sempione, un sassolino ci colpisce il parabrezza. All’inizio non sembra nulla, poi la crepa inizia a camminare, sollecitata dai ripetuti sobbalzi delle nostre strade, che purtroppo hanno una scarsa e malfatta manutenzione.
Telefoniamo al numero verde dell’assicurazione per informarci dove sia possibile procedere alla sostituzione. Un rapido ed efficiente scambio di telefonate, mentre continuiamo a viaggiare comunicando la nostra posizione e direzione di marcia, ci porterà al punto Carglass di Torino di via Peschiera. L’appuntamento è stato fissato per le 15,25.
Pranziamo all’ombra dei platani nel piazzale del supermercato, ma la temperatura che supera i 30 gradi e l’aria immota ben presto ci impone di ripartire accendendo l’aria condizionata (tanto se il vetro si rompe del tutto, ormai siamo arrivati).
Nell’officina aspettiamo il nostro turno in sala d’aspetto nella frescura dell’aria condizionata.
Usciremo alle 17,30 come ci avevano professionalmente informati. Il caldo è ancora soffocante e non vediamo l’ora di lasciarci alle spalle la città e la pianura con la sua afa incredibile.
Arrivati in val di Susa un acquazzone ci da il benvenuto. In officina ci avevano tranquillizzato circa la presa del mastice utilizzato, raccomandandoci però di non lavare il camper per un paio di giorni con l’idrogetto. Davide però, che lavora con le auto, ci ha ammonito di non sottoporre il mezzo a torsioni e soprattutto di evitare l’acqua; così arrivati a Cesana, anche se vicini alla nostra meta, decidiamo di fermarci e sostare nell’area di sosta di via Bouvier, dove è possibile allacciarsi anche alla rete elettrica.
Tra uno scroscio e l’altro troviamo il tempo di fare due passi in paese, da cui manchiamo da qualche anno. Nel tempo d’attesa a Torino abbiamo avuto modo di sentirci telefonicamente con i ragazzi e siamo più tranquilli, anche se non vediamo l’ora di incontrarli e costatare con i nostri occhi quali danni hanno riportato nella loro disavventura.
Domenica, 9 agosto
Pioggia e fresco, dopo tanto caldo sofferto, ci hanno fatto compagnia nella nottata. Impazienti di incontrare i ragazzi, ci mettiamo in marcia di primo mattino. Attraversiamo il Monginevro, avvolto nelle nuvole, e atterriamo su Briancon – sempre bella e accogliente. Qui incontriamo traffico e pioggia fitta.
Sono certamente negato con la tecnologia e ho difficoltà a utilizzare il mio cellulare nuovo, così è con quello di Paola che riusciamo finalmente a metterci in contatto con Davide per avere le giuste coordinate dove incontrarci, appena fuori città.
Andrea ci viene incontro alla reception del campeggio e ci accompagna in piazzuola. Ci accertiamo che, grazie al cielo, stanno tutti bene. Solo tanto spavento per la disavventura. Costatiamo i danni al caravan e tra uno scroscio di pioggia e l’altro trascorriamo una felice e tranquilla giornata insieme.
Andrea è il più felice di vederci e viene a pranzo e cena da noi, non smettendo di parlare neanche un minuto. Giochiamo, chiacchieriamo e insieme facciamo progetti.
Troviamo anche il tempo per una breve passeggiata sotto l’ombrello per andare a fare un sopralluogo sul punto dell’incidente. Andrea, Sabrina e Davide raccontano, ognuno dal suo punto di vista, i momenti terribili che hanno vissuto.
A ogni episodio nuovo che viene alla luce, scopriamo che lo spavento deve essere stato tanto, soprattutto per i passeggeri, e che, parlandone e rivivendo quei momenti, esorcizzano in parte la paura e prendono atto della fortuna che li ha aiutati. Fosse successo su di un tornante a salire o a scendere dal Monginevro, o in autostrada, probabilmente le conseguenze sarebbero state drammatiche. Invece procedevano piano in un rettilineo con prati ai lati dell’asfalto e Davide, comunque bravo a guidare anche per il suo passato di rallista, ha potuto rallentare e ridurre i danni al minimo.
Festeggiamo il lieto fine di quest’avventura, gratificandoci con delle crepes dolci – ognuna con farcitura diversa secondo le specialità di zona – che acquistiamo in campeggio e ci mangiamo nel tepore del camper mentre fuori insieme alla pioggia si è intensificata l’umidità e, con il calare della notte, il freddo.
Davide, che ha prenotato ed è atteso in campeggio a Bormes les Mimosas, è determinato a proseguire nel viaggio avendo riparato alla meglio il danno; riservandosi di dar seguito alle mail, che ha già inviato per conoscenza, una volta tornato dalle vacanze. Noi li accompagneremo fino a Gap, dove loro imboccheranno l’autostrada per il sud e noi riprenderemo la via del nord.
Lunedì, 10 agosto
Per tutta la notte ha piovuto, a tratti anche violentemente, e il freddo ci ha obbligato a coprirci con il plaid. Alle 5, quando mi sono alzato per un bisogno fisiologico, il termometro segnava 13 gradi. Uno sbalzo di temperatura così elevato per noi, poveri vecchietti, è davvero tutta salute!!
Alle 9, come previsto, dopo aver pagato e sotto un cielo grigio, con nubi ancora gonfie di pioggia, ci mettiamo in marcia. Davide e Sabrina ci precedono mentre Andrea sale in camper con noi. La tentazione di accompagnarli al mare è forte e l’invito di Andrea a fargli compagnia struggente, ma alla fine prevale la ragione di lasciare che genitori e figlio trascorrano insieme e soli la vacanza estiva, senza l’impiccio dei nonni.
Ci separiamo a Chorges. Davide ha verificato che il traino non da problemi e anche noi da dietro non abbiamo avuto alcuna percezione negativa. Un ultimo saluto quando loro svoltano per l’autoroute du Sud. Noi proseguiamo sino a Gap, dove ci fermiamo a fare gasolio, che come il solito è notevolmente più conveniente in Francia e particolarmente nei supermercati.
Ripartiamo imboccando la N85 (la route Napoleon). Dopo pochi chilometri il sole, che era tornato a splendere, sparisce dietro nuvoloni neri. Lungo la strada, tortuosa come quella dei nostri Appennini in un continuo su e giù, troviamo anche la nebbia, densa e fitta come non mi capitava da qualche tempo di incontrare.
Prima di La Mure, ci fermiamo in una piazzuola lungo la strada a pranzare. Telefoniamo a Sabrina per sapere come procede il loro viaggio e quando ci rimettiamo in marcia, cambio ancora il percorso; rinuncio all’idea di andare ad Aix le Bain e puntiamo verso la pianura, dove speriamo di trovare un tempo migliore.
Memorabile la discesa folle su Grenoble con pendenze sino al 10% e in particolare da ricordare la valle con Vizille sul fondo. Spettacolare! Forse è merito anche della luce particolare che mette in risalto il fiume, grigio argento, il castello imponente e le case grigie che spiccano sul verde intenso che le racchiude.
Siamo così ammirati dal paesaggio che ci dimentichiamo persino di scattare delle fotografie a futura memoria.
Dopo Grenoble la strada diventa scorrevole nella pianura verso la nuova meta: Vienne, dove arriviamo prima delle 15.
Fatiscente e sporca a prima vista, Vienne è una sorpresa piacevole nelle sue antichità.
Con una lunga camminata raggiungiamo il centro storico e vedremo la cattedrale di san Maurizio (austera e spoglia), il giardino archeologico di Cibele e soprattutto il teatro romano.
Saliremo sino all’ultima gradinata, appena sotto il belvedere di Pipet, dove avremo una vista magnifica sulla città e il Rodano che qui è largo e ricco d’acqua.
Lungo la strada ci fermiamo a prendere un the che ci ridarà le energie necessarie per tornare al camper.
Per essere in una zona a basso richiamo turistico c’è comunque un buon afflusso di camper provenienti da tutta Europa, che nella serata riempiranno l’area di sosta.
Martedì, 11 agosto
È tornato il caldo. Dopo una notte tranquilla e di buon sonno ci siamo rimessi in strada con calma. Autostrada gratuita sino a Lione, caotica come tutte le grandi città, ma scorrevole se si attraversa solamente come abbiamo fatto noi. Sempre ammaliante e bella da vedere la congiunzione del Rodano con la Saone; particolarmente oggi in una giornata limpida dove i contorni delle cose spiccano, creando contrasti deliziosi. Proseguiamo verso nord imboccando la N6 sino a Chalon sur Saone. Da qui, con la D 978, tortuosa e guidata, arriviamo ad Autun, dove riprendiamo il percorso studiato a tavolino durante tutta la primavera.
Parcheggiamo il Kreos nell’AM gratuita di fronte al Mc Donalds con vista sul laghetto che riluce sotto il sole. La posizione è un po’ trafficata (e lo sarà per tutta la notte), ma comoda e molto graziosa. Punto base ideale per andare a visitare la città in cerca delle tracce medioevali reclamizzate.
Attraverso un sentiero pedonale che costeggia il lago, sotto un sole implacabile, andiamo in paese. Incontriamo prima i resti del teatro romano, che si affacciano sul laghetto; pur se anche questi sono ben conservati, a confronto con il teatro romano di Vienne, sono deludenti. Proseguiamo, risalendo la collina, attraverso la promenade des Marbres e quindi entriamo nel centro storico. Sarà il caldo, sarà la stanchezza, ma l’impressione che ne ricaviamo è di un paese in disarmo, un po’ spento. A fatica saliamo sino alla cattedrale di Saint-Lazare, dove circola almeno un filo d’aria, ma poi decidiamo di tornare al plan d’eau du vallon, dove c’è l’area di sosta, perché, per noi, è il meglio di quanto ci ha riservato la giornata odierna.
Sprofondati nelle poltroncine a leggere, scaldati dal sole al tramonto, ci godiamo la vacanza che apprezziamo di più: sempre in viaggio alla scoperta di panorami diversi, senza impegni né pressioni, sognando nuovi luoghi in cui fermarsi senza problemi. In tanti anni di vita in camper devo purtroppo ammettere che solo la Francia racchiude in sé tutte quelle caratteristiche che piacciono ai camperisti: facilità nel viaggiare e parcheggiare ovunque, località di storia, arte e gastronomia che accolgono sempre con molta disponibilità. I francesi inoltre sanno anche pubblicizzare tutti i loro paesi come se fossero unici e nascondessero in sé tesori inestimabili, salvo poi rivelarsi molto meno di quanto promesso.
Mercoledì, 12 agosto
La notte, disturbata dal caldo, dal traffico e da vicini maleducati che ci hanno affumicato con un barbecue serale proprio sotto la finestra della nostra camera da letto, è finalmente trascorsa. Volevamo partire presto, ma il cattivo riposo ci ha ritardato e sono già le 9 quando accendiamo il motore.
Attraversiamo Autun, scoprendo così che ieri abbiamo percorso oltre cinque chilometri sotto il sole in cerca di bellezze che non abbiamo poi trovato.
La D976 si snoda per chilometri attraverso la campagna, coltivata a vite, grano e granoturco. Parecchi allevamenti di mucche bianche in questa zona a forte vocazione agricola. Siamo nel parco del Morvan e in breve raggiungiamo Chateau Chinon, conosciuta perché qui è nato Mitterand, ricordato da una gigantografia all’ingresso del paese.
Fa molto caldo e la strada non offre panorami memorabili.
Arriviamo al castello di Guedelon, meta odierna, prima di mezzogiorno, ma non c’è modo di parcheggiare. Parcheggi pieni, auto in coda e lunghe file alla biglietteria per entrare a vedere questo castello, in costruzione secondo la metodologia antica.
Usciamo dall’ingorgo e dalla polvere e proseguiamo il nostro viaggio sino a Saint Fargeau, prossima tappa del nostro itinerario. Esiste un’area di sosta per camper in paese e ci infiliamo nell’ultimo stallo libero; in pendenza e sotto il sole a picco, ma siamo stanchi e abbacchiati per aver rinunciato al castello di Guedelon, e ci accontentiamo di sistemarci in qualche modo.
Veloce e leggero pranzo e poi riposo per recuperare energie. C’è un filo d’aria e Paola si addormenta per la stanchezza accumulata.
Alle 3 andiamo in paese e incontriamo una coppia d’inglesi ai quali chiediamo informazioni per il castello, che è proprio dietro l’angolo. Ovviamente non esiste documentazione in italiano. Abbiamo già avuto modo di appurare che spesso esistono opuscoli informativi in varie lingue, cinese e coreano compreso, ma non nella nostra lingua. Mi chiedo se gli italiani vanno a vedere solo le località più reclamizzate o se invece siamo solo snobbati.
Il castello – scenografico e a forma pentagonale – è tanto bello dall’esterno quanto è scarso e trascurato nell’interno. Di proprietà privata sono visitabili solo alcuni locali, tra cui i solai, dove la temperatura tocca valori altissimi. Solo al termine della visita scopriremo che i solai sono da evitare per persone anziane o sofferenti.
Tornati al camper stanchi e sudati, ci cambiamo e riprendiamo la marcia. Attraversiamo Bleneau – una delusione – e decidiamo di fermarci in campeggio a Briare, per lavare i panni e riposare in santa pace.
Sudati e affaticati ci sistemiamo – dove volete, ci hanno detto in reception – e, in un tardo pomeriggio in cui i campeggiatori sono ancora a zonzo, ne approfittiamo per lavare e stendere i panni, trovando pure il tempo per allungarci sulle sdraio a leggere.
Dopo cena ci concediamo una lunga passeggiata, sul bordo della Loira, in un silenzio delizioso, per andare a vedere il famoso ponte canale di ferro, progettato da Eiffel che scavalca il fiume. Approssimandoci al ponte, scorgiamo le barche che transitano scavalcando perpendicolarmente la Loira, mentre lentamente il sole tramonta dopo un giorno lunghissimo. Solo qualche moschino impazzito ci da fastidio nella nostra passeggiata. Da tanto tempo volevo vedere questa piccola meraviglia e, come il solito, sono contento di aver potuto coronare un sogno.
Ci aggiorniamo telefonicamente con i figli sul rispettivo andamento della giornata prima di tornare in camper per un sano e salutare riposo, mentre il ponte-canale s’illumina scenograficamente.
Giovedì, 13 agosto
L’ho capito subito appena alzato, che qualcosa non andava. Ho mangiato un yogurt e mi sono rimesso a letto per favorire il rientro dell’ernia laparocele, come mi avevano insegnato in ospedale a luglio. Il dolore è tornato a rendermi consapevole della mia fragilità. Pensieri e timori, riposti in un angolo della coscienza, sono tornati a pressarmi. Il campanello d’allarme aveva suonato una seconda volta. Non avrei rivisto la Normandia, l’oceano e le spiagge dello sbarco, meta di questo viaggio. Una sensazione orribile mentre davanti mi scorrevano le varie possibilità che avevo e mi sforzavo di essere obiettivo e determinato nel fare la cosa più giusta.
Paola ha proposto di fermarci un altro giorno in campeggio prima di prendere qualunque decisione, ma il timore che i dolori peggiorassero e magari mi dovessero ricoverare e operare d’urgenza in Francia, lasciandola in difficoltà nel gestire e guidare il camper, mi ha indotto a indossare immediatamente la guaina contenitiva e ripartire.
Come ho già avuto modo di scrivere, sono un drogato di guida. Al volante mi sembra di sentire meno il dolore. Sulla D952 arriviamo a Gien (di strada) e qui svoltiamo a destra sulla D2007 per Montargis. All’inizio ho vagheggiato la possibilità che il dolore sparisse e mi consentisse di raggiungere Fontainbleu e poi Parigi, ma non è così. Guidando dimentico il dolore, che però opera sordo. Svoltiamo ancora a destra sulla D 2060 sino a raggiungere Sens e proseguire sino a Troyes, dove arriviamo per mezzogiorno e fermiamo nel piazzale del Carrefour.
Fa molto caldo anche oggi e noi cerchiamo un po’ di refrigerio camminando nel centro commerciale, dove faremo anche un poco di spesa. Purtroppo anche solo spingere il carrello mi provoca dolore e per pranzo mi limiterò a una tazza di latte tiepido con pane e una mela. Poi mi sdraio un’ora a letto per lenire il dolore.
Quando inizia a piovere, ci rimettiamo in marcia e, procedendo verso sud, il dolore sembra acquietarsi.
Proviamo a fermarci a Chaumont (che doveva essere una tappa sulla via del ritorno) ma senza successo. Purtroppo sia l’area di sosta per camper che il campeggio sono troppo distanti dal centro storico e quindi decidiamo di proseguire per arrivare sino a Langres. E quando tutto sembra andare storto c’è la sorpresa che cambia tutto. Langres è un bellissimo paese, raccolto su di una collina e tutto contornato da mura. Già avvicinandosi si godono panorami gradevoli e per finire la classica ospitalità francese.
Sentendomi molto meglio, sotto un sole caldo, ci concediamo una lunga passeggiata sulle mura che contornano integralmente la città. Una camminata che tocca le sette porte e le dieci torri su cui ci soffermiamo spesso per ammirare e fotografare il panorama della pianura sotto di noi. Davvero piacevole e inaspettata la scoperta di questa deliziosa città murata, conservata nello stile del tempo e ben mantenuta da un’amministrazione oculata.
Mentre ceniamo, arrivano le nuvole che ci hanno seguito nel nostro viaggio dal nord e scende la pioggia e la temperatura. Quasi una beffa per noi rientrati accaldati e sudati dal giro di oltre tre chilometri dei bastioni fortificati. Giro che avremmo voluto ripetere, magari solo in modo parziale, dopo cena per la consueta passeggiata digestiva, sugli spalti illuminati.
Venerdì, 14 agosto
Nella notte ha piovuto. Abbiamo dormito e riposato bene. Non accuso i dolori di ieri e mi è tornata la voglia di vivere, anche se mi ripeto di stare cauto e non esagerare.
Per prima cosa torniamo a camminare sulle mura, poi acquistiamo baguette e pain raisin e finiamo il giro al mercato dentro le mura.
Vorrei rimarcare l’ottima accoglienza che Langres riserva ai camperisti. Noi abbiamo posteggiato in place Bel Air, ma esiste un’altra area di sosta sotto le mura, collegata con un ascensore che fa la spola per i visitatori, e un delizioso campeggio natura racchiuso tra le mura con vista panoramica sulla pianura.
Ci rimettiamo in marcia alla ricerca dell’abbazia cistercense gemellata con Morimondo, dove Paola ed io ci siamo sposati quasi cinquantanni fa.
Come spesso mi succede sbaglio a interpretare la cartina e raggiungiamo l’abbazia d’Auberive, con sì ottocento anni di storia, ma che si trova nella direzione opposta di Fresnoy-en-Bassigny dove avremmo dovuto invece dirigerci.
Il luogo è isolato, com’era lecito aspettarsi, con un minuscolo villaggio che gli ruota intorno. Parcheggiamo accanto ad un camperista olandese che mentre mangia una mela mi indica l’ingresso.
Paghiamo € 8 a testa per questo furto con destrezza dal momento in cui la chiesa non esiste, perché distrutta al tempo della rivoluzione francese. Nel tempo è stata una prigione prima e poi una colonia agricola e di vacanza per i figli dei dipendenti della Solvay. Oggi, in parte ristrutturata, ospita un centro d’arte contemporanea che a noi non dice niente, non sapendo apprezzare questo tipo d’arte.
Nel tornare a Langres, dove riprenderemo la strada per Vesoul e Belfort, vediamo due piccole volpi rosse, molto magre, che a distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra, ci osservano dal bordo strada senza scappare al nostro passaggio.
Pranziamo nella piazza della chiesa di Fayl-Billot, rinomata per i cesti di vimini, presentati in varie forme e dimensioni.
Superato Lure – dove transitammo anche l’anno scorso con percorso incrociato – andiamo a vedere la reclamizzata chiesa di Notre Dame du Haut, progettata da Le Corbusier e alla quale ha lavorato anche il nostro Renzo Piano aggiungendovi la portineria e il monastero di Santa Chiara. Anche qui l’ingresso costa € 8 a testa e lo giudichiamo un furto consapevole. Nessun afflato mistico, tanta freddezza nella costruzione e nei materiali usati, per non parlare del degrado dopo solo pochi anni dall’inaugurazione.
Per fortuna l’approdo a Belfort ci riconcilia con il bello, nonostante la pioggia fastidiosa che ci accoglie. L’area di sosta è grande, in piano, pulita e gratuita anche per la corrente.
E poi le mura di Vauban sono a pochi passi di distanza. Uno spettacolo!
Appena smette di piovere andiamo a vederle.
Saliamo prima al balcone con il leone di pietra inciso nella roccia e poi al belvedere, prima che ci invitino a scendere perché chiudono. Le ore di apertura sono poche, ma lo spettacolo è notevole. Negli anni abbiamo avuto modo di vedere molte costruzioni realizzate da Vauban (in varie località francesi) tutte molto imponenti a esaltazione della grandeur francaise. Questa è certamente una delle più mirabili.
Ferragosto, sabato
Ieri sera siamo rientrati di corsa dalla passeggiata serale prima che riprendesse a piovere senza smettere per tutta la notte. Dormiamo sino alle 9 e poi – dopo aver riscaldato l’ambiente – ci concediamo una lunga doccia corroborante, potendo cambiare le acque gratuitamente. Verificheremo poi che, purtroppo, l’acqua potabile è fuori esercizio.
Per colazione latte e pan brioche acquistato ieri e rivelatosi meno appetitoso al gusto di quanto apparisse all’aspetto.
Nuvole pesanti oscurano il cielo così decidiamo di rimetterci in marcia e provare a spostarci di qualche chilometro sperando in un improbabile miglioramento.
Sull’A36 – autostrada gratuita – raggiungiamo Montbelliard e parcheggiamo, con molti altri camper, vicino al Port de Plaisance sulle rive dell’Allan, in un ambiente gradevole e molto caratteristico. Approfittando di una pausa della pioggia usciamo a visitare il centro città. Un signore, cui ho chiesto informazioni, mi bloccherà per oltre un quarto d’ora, raccontandomi i suoi aneddoti di vacanze in Italia. Ancora una volta ci confrontiamo con la solitudine degli anziani che non perdono occasione di parlare con chiunque dia loro la possibilità di farlo.
Montbelliard è una cittadina provinciale molto graziosa. Ne percorriamo la zona pedonale, dove acquistiamo pane (gommoso, ma forse è l’umidità a renderlo tale) e due paste (costose, ma molto buone). Cerchiamo l’ufficio di turismo che però oggi è chiuso e momentaneamente spostato proprio dove siamo parcheggiati noi.
Ha ripreso a piovere fitto. La temperatura è calata e noi torniamo al camper senza fermarci a vedere il castello che svetta alto e imponente. Mentre Paola prepara la pasta, vado al punto info, dove una signora che parla bene l’italiano avendo studiato dalle suore vicino a Torino, mi ragguaglia su quanto necessario. Secondo lei dovrei approfittare del mercato ambulante per comprare la famosa salsiccia di Montbelliard e la Comté, formaggio locale molto apprezzato. Troverò solo la salsiccia dal profumo intenso che Paola chiuderà nel cellophane nel tentativo, vano, di evitare che il frigorifero s’impregni del suo odore.
Alla ricerca del formaggio ci rechiamo alla Fromagerie de Montbelliard, che però oggi è chiusa, così ripieghiamo su di un supermercato Leclerc, dove facciamo scorta anche di marmellata di mirabelle (una qualità di prugna difficilmente acquistabile in Italia).
Abbiamo il problema di rifornirci di acqua potabile e con la pioggia che cade fitta, è quasi un controsenso che non riusciamo a provvedere. Nell’area di Montbelliard occorrono i gettoni; a Sochaux, nel museo della Peugeot, non esiste, così torniamo a Belfort e ci dirigiamo verso Altkirk fermandoci all’ingresso di Chavannes sur l’etang, dove esiste un’area attrezzata molto bella, gratuita, con corrente, spersa nel nulla ma per noi ottima base di appoggio. La strada, che corre vicino al confine con la Svizzera, è panoramica e gradevole. Lungo il percorso abbiamo anche la fortuna di vedere due cicogne in sosta in un campo a bordo strada. Peccato non averle potute fotografare, ma ci rifaremo più avanti.
Attraversiamo Mulhouse con qualche difficoltà e sulla superstrada che punta a nord, andiamo a Ensisheim e da qui al parcheggio dell’ecomuseo.
Domenica, 16 agosto
Purtroppo continua a piovere e fa freddo. Dopo una leggera colazione ci attrezziamo e facendo tesoro delle informazioni che ci hanno fornito ieri, andiamo a visitare il museo all’aperto, che in più occasioni avrei avuto modo di visitare in passato, senza mai riuscirci. Sono davvero tante le ambientazioni che hanno ricostruito, con tanti figuranti a vivacizzare il museo. Il visitatore ha la libertà di girare a suo piacimento decidendo autonomamente il percorso da seguire. Noi ci lasciamo guidare dal nostro istinto, decidendo di assistere solo agli show che hanno orari prestabiliti. Vedremo così il negozio del barbiere, l’officina del fabbro, il calzolaio che ha attrezzato un locale nel piano superiore della casa, la produzione degli sciroppi artigianalmente e varie case private. Alle 10,30 un delizioso profumo di pane fresco ci guida dal fornaio, con le baguette che saranno sfornate sotto i nostri occhi. Ne acquistiamo una ancora calda, prodotta con farina scura integrale. Ci lasciamo tentare anche da una fetta di crostata alle prugne e un pretzel (pane tipico anche del nostro Tirolo, ma meno buono e morbido di quello assaggiato qui).
Giriamo per il museo guidati dai vari odori; ogni ambiente ne è ancora impregnato e si potrebbero visitare i vari ambienti guidati solo dall’olfatto. Come descrivere l’afrore del cuoio emanato dai finimenti nel maniscalco? O il metallico sapore del ferro appena lavorato? L’intensità dell’odore del legno lavorato manualmente dal falegname?
È una visita nel passato che scorre via veloce e solo la stanchezza scandisce il trascorrere del tempo.
A mezzogiorno usciamo per pranzare e riposare un poco la stanchezza, ma subito rientriamo nel museo per terminare la visita alle fattorie, alla scuola e alle varie case alsaziane. In una giornata festiva come oggi non abbiamo la possibilità di salire sul carro trainato dai cavalli o la barca che naviga il canale perché i visitatori sono tanti, e quindi la stanchezza alla fine è travolgente; ma siamo orgogliosi di aver potuto vedere tutto dal castello al vasaio, dalla fattoria dei maiali neri alla latteria, dalle case costruite col sistema a graticcio a quelle moderne alsaziane.
Sicuramente uno tra i più bei musei all’aria aperta che abbiamo visitato nel corso dei nostri viaggi in camper.
In pochi chilometri raggiungiamo Fessenheim, dove ci sistemiamo a riposare in un’altra tranquilla area, assieme ad altri camperisti coetanei, sul bordo della pista ciclabile che collega Mulhouse a Colmar.
Lunedì, 17 agosto
La stanchezza sin qui accumulata ci ha fatto dormire sin quando un messaggio della Tim ci sveglia avvisandoci che la tariffa “In Viaggio” è scaduta.
Con una lunga e bella passeggiata andiamo in centro paese a comprare baguette, brioche avec amand e una strana torta verde al rabarbaro. Ci aveva attirato l’originalità del dolce, con la ricopertura che sembrava essere di panna e in realtà si rivelerà essere meringa (solida in superficie e morbida all’interno). Un’esperienza particolare che, se capiterà, non rifaremo in futuro.
Come il solito voglio sperimentare strade nuove, allungando il brodo prima di tornare a casa. Percorriamo la D468, una strada secondaria comunque larga e scorrevole che corre parallela al confine con la Germania, sino all’altezza di Mulhouse. Attraversiamo campi di granoturco e ricchi paesini franco-tedeschi con ville ben tenute e viaggiando non posso dimenticare che queste terre sono state per lunghi anni contese e teatro di battaglie sanguinose.
Imboccato il raccordo dell’A36, superiamo il Reno e i canali collegati colmi d’acqua ed entriamo in Germania, dove con l’autostrada raggiungiamo velocemente Basilea. Abbiamo percorso così tante volte questo pezzo d’autostrada che col pensiero è inevitabile ritornare indietro nel tempo a tutti quei rientri dalle vacanze che arrivando qua ci facevano pensare di essere già a casa. Questa volta però al bivio di Gunzgen deviamo per Berna e poi per Biel-Bienne. Qui l’autostrada s’interrompe e si attraversa la città che segna il confine tra il cantone tedesco e quello francese. La presenza di numerose fabbriche (è famosa anche per i suoi orologi) è testimoniata dalla presenza di numerosi arabi, cinesi e africani. Mentre attraversiamo la città, i bambini escono da scuola, che qui è già iniziata, e a prenderli la maggioranza è di etnia extra europea. Ripenso alle fosche previsioni della Fallaci sull’Eurabia che qui sembrano più vere che altrove, anche se in quest’epoca di migranti c’è capitato di vederne in gran quantità un po’ dovunque nel nostro viaggio.
Usciamo dalla città costeggiando il Bieler see non trovando un solo spazio libero in cui parcheggiare per pranzare. Gli svizzeri, come noi italiani, hanno sfruttato ogni metro di terreno disponibile per edificare case o attrezzare il terreno a terrazzamenti di vigneti. E dopo i grandi spazi francesi ci accorgiamo subito delle differenze di territorio. Strade nuove per me, con paesaggi gradevoli, leggermente diversi, ma niente di memorabile.
Superata anche Neuchatel, finalmente troviamo uno spazio libero a Peseux. Pranziamo e ci riposiamo. Dopo il viaggiare rilassante della Francia e dell’autostrada qui gli spazi di manovra sono scarsi e l’attenzione sempre sollecitata, tra divieti e limiti di velocità.
Abbandoniamo il lago e per la statale 10 saliamo verso Motiers e il confine per tornare in Francia. Anche questa è una strada molto guidata, a volte panoramica, ma per niente indimenticabile.
Arrivati a Pontarlier, nel dipartimento della Doubs, ci fermiamo in un immenso supermercato della Super U, dove ci riforniamo di acqua minerale, latte, frutta fresca e gasolio a buon prezzo. Decidiamo di fermare nel locale campeggio, dove ci sistemiamo prima di tornare in città per una passeggiata. Pontarlier nel passato viveva sulle distillerie di assenzio, poi vietato, e l’economia locale ne deve aver risentito parecchio. Resiste ancora una distilleria di Pastis, ma per il resto la città è assolutamente ordinaria, un po’ trasandata e sporca; in conclusione dimenticabile senza rimpianti.
Martedì, 18 agosto
Siamo vicini alle montagne e parcheggiati sotto gli alberi, così nella notte il freddo si è fatto sentire tanto che ho dovuto alzarmi ad accendere la stufa per dormire nel tepore. In ogni caso quando ci alziamo, siamo più stanchi di quando siamo andati a dormire. Recupero baguette, brioche e pain raisin – ordinati alla reception – e poi ci rimettiamo in marcia.
Giornata grigia con qualche spruzzo di pioggia. Riprendiamo la D437, che costeggia la frontiera con la Svizzera, nel parco naturale dell’alto Giura. È una bella valle aperta, dove in inverno si pratica lo sci di fondo. Paesini deliziosi, con casette di legno o sasso ben inserite nell’ambiente, allietano il nostro viaggio. La strada molto guidata è panoramica, in un continuo su e giù, ma sempre in quota. Sono tutte strade novità per me e me le gusto intensamente sapendo che difficilmente torneremo a percorrerle.
A St.Laurent en Grandvaux giriamo sulla N5 che abbiamo già percorso di rientro da precedenti viaggi. Superiamo Morbier senza lasciarci attrarre dalle latterie che propongono il formaggio omonimo simile alla nostra fontina, anche perché il frigo è già pieno di altri latticini raccolti nel corso del viaggio. Attraversiamo Monez – affossata nella stretta valle e ricca di fabbriche d’occhiali – e Les Rousses, dove abbiamo anche dormito in passato, oggi invasa da camper e turisti. Restiamo in Francia proseguendo sulla N5 e superando il col de la Faucille per poi lanciarci in una spericolata discesa su Gex e Ginevra. Pranziamo in un piazzale del Carrefour poco prima della frontiera a Ferney Voltaire, dove il famoso filosofo visse alcuni anni e acquistò il castello oggi visitabile.
L’attraversamento di Ginevra è caotico; arriveremo quasi al lago per poi attraversare il centro città prima di riuscire a districarci e riprendere la rotta corretta. Ripassare la frontiera per rientrare in Francia è un supplizio. In coda per un paio di chilometri, avanzando a passo d’uomo su di una salita a cinque corsie, dove tutti provano a fare i furbi per arrivare prima, incuneandosi, zigzagando e sostanzialmente ritardando il flusso di scorrimento. In dogana transiteremo senza alcun controllo, quasi i doganieri fossero in pausa.
L’ultimo tratto di strada verso Annecy è scorrevole. Una menzione particolare va fatta per il Ponts de la Caille, di cui non avevo menzione e che purtroppo avvistiamo troppo tardi. Qui il nuovo ponte affianca il vecchio – credo percorribile solo a piedi – sospeso con tiranti come un ponte tibetano sopra un abisso. Esiste probabilmente anche la possibilità di sosta per camper.
Annecy ci accoglie con un traffico stradale e pedonale impressionante, come se tutti si fossero dati appuntamento qui. Troviamo uno degli ultimi posti liberi nel campeggio; parcheggiamo e scendiamo per un ripido sentiero a visitare la cittadina. Me la immaginavo bella e affascinante ma ha superato le mie attese. Meritava di tornarci dopo la sfortunata esperienza dell’anno scorso. La città vecchia è un gioiello da assaporare lentamente, con molti angoli pittoreschi e scenografici che meritano la sosta per una foto. La folla di turisti è la più variegata che si possa immaginare, ma la città è soprattutto sfoggio di ricchezza, charme e stile che neppure la vista di ricche e sciatte arabe velate e insaccate nei loro orribili caffetani, riesce a guastare.
La salita per tornare al campeggio è faticosa e parecchio stanchi dobbiamo fermarci più di una volta, voltandoci a rimirare la bellezza di questa città che si stende sotto i nostri piedi nella dolcezza del tramonto. Fa rabbia pensare che Annecy in passato fosse italiana e barattata, unitamente a tutta la Savoia, con i francesi per ottenere il loro aiuto nella guerra d’indipendenza.
A proposito: tra tanti dolci proposti, di cui qualcuno l’abbiamo acquistato e assaggiato, non abbiamo trovato traccia dei savoiardi.
Mercoledì, 19 agosto
Ancora una notte fredda in cui abbiamo dovuto accendere la stufa per togliere l’umidità che saliva dal lago.
Ripartendo imbocchiamo la strada per Aix le Bain e in poco tempo arriviamo in città. Cerchiamo il punto sosta per camper ma nella piazza c’è un mercato rionale che la occupa tutta. Nel cambiare percorso finiamo intrappolati in un cul de sac incredibile. Solo molta calma, abilità e l’aiuto di un operaio che ripara strade ci consentono di uscire da una situazione molto ingarbugliata senza danni. Decido di seguire le indicazioni per il lago e ci imbattiamo nella segnalazione di un’area di sosta in splendida posizione per visitare questa che è una rinomata località termale con resti romani. Sfortunatamente si accede solo con una carta speciale e anche un camper francese, che vorrebbe uscire, è bloccato dalla sbarra che non si alza. Infuriato, il camperista afferra il cellulare per chiamare l’emergenza. Nel frattempo ci dobbiamo spostare per liberare la strada e quindi abbandoniamo l’idea di fermarci. Per oggi abbiamo già avuto i nostri problemi e forse è destino che Aix – per quanto ci sembri meritevole di una sosta – non faccia per noi.
Percorriamo tutto il bellissimo lungo lago del Bourget e, proprio all’uscita sud della città, scorgiamo uno slargo in prossimità della piscina e del cinema multisala, dove altri camper sono in sosta. Parcheggiamo anche noi e scendiamo per una passeggiata, approfittando del bel sole che finalmente ha fatto breccia tra le nuvole.
Prima sosta in boulangerie per acquistare baguette e pane con le olive (molto buoni entrambi). Passeggiamo gradevolmente sul lungo lago, scattiamo foto, pranziamo e, dopo esserci riposati, ripartiamo per Chambery. La città capoluogo della Savoia ci sorprende subito perché più sporca e meno attraente turisticamente delle due precedenti. Anche nell’area di sosta non c’è posto, se non accontentandosi di sostare in modo incivile. Cerchiamo altre soluzioni ma senza entrare in sintonia con la città. Inoltre per strada incontriamo solo facce poco raccomandabili.
Decidiamo di avvicinarci all’Italia rientrando dalla Maurienne e arriviamo ad Aiguebelle, dove ci aggiungiamo ad altri camperisti coetanei che, come noi, hanno scelto la tranquillità di questo paese un po’ fatiscente e senza particolari attrattive che però ha il pregio di essere ospitale e ai piedi delle Alpi, sulle cui cime si stanno addensando cupe nuvole scure zeppe di pioggia.
Dopo cena, durante la consueta passeggiata digestiva, programmiamo l’ultima tappa con il rientro in Italia, concedendoci qualche ultimo sogno da coronare.
Giovedì, 20 agosto
Al risveglio di un’altra notte fredda e umida (12° gradi) ci rimettiamo in marcia. Percorriamo tutta la val Maurienne mentre il sole comincia a scaldare l’aria. Arrivati a Modane, imbocchiamo il traforo del Frejus, mai percorso in precedenza perché rientravamo dal Moncenisio. Il costo è iperbolico: € 57,00 per la sola andata, però la strada risparmiata è tanta.
Alle 11 siamo a Torino; imbocchiamo la tangenziale sud e puntiamo su Savona. L’idea folle di ieri sera era di concederci qualche giorno di mare, in conclusione di quest’ultimo viaggio tribolato e dal percorso incoerente.
L’autostrada da Mondovì a Savona è un altro tratto che non ho mai percorso prima. Mi ricorda molto l’A7 con l’andata verso il mare tortuoso perché segue il vecchio percorso stradale, mentre il ritorno è un viadotto continuo e diritto che fa onore alla nostra ingegneria.
Il sogno di approdare a Finale per fermarci al mare fino al termine della settimana purtroppo non è realizzabile. L’area di sosta di Caprazoppa è completa, quella del Pamparino chiusa per problemi burocratici.
Sorpresi e amareggiati torniamo verso Savona con Aurelia per scoprire che la presenza di turisti in Liguria è superiore a ogni aspettativa e anche i camper, che in passato preferivano mete più esotiche in questo periodo dell’anno, sono tornati in massa.
Una fila ininterrotta di auto, moto e camper sostano a bordo strada, spesso rendendo difficile il transito. Troviamo il cartello di tutto completo nelle zone predisposte al parcheggio regolamentato dei camper.
Arrivati a Varazze, delusi e stanchi, rientriamo in autostrada e lasciamo il mare.
Tornare a casa, dopo tutti i chilometri percorsi invano, ci sembra una sconfitta troppo grande da digerire, così dopo un breve consulto puntiamo su Acqui Terme, una delle prime mete dei nostri viaggi in camper, tanti anni fa.
La nuova AA è bella, ben attrezzata e dotata anche di elettricità. La città una piacevole riscoperta. È tornato il caldo di quando siamo partiti e il ricordo dei giorni trascorsi in viaggio qualcosa di sbiadito e difficile da afferrare.
Concludiamo la serata uscendo a cena in una trattoria raccomandata dalla pro loco, con menù classico piemontese, alla faccia dei problemi fisici. Il rientro in camper sarà sufficientemente lungo per digerire un pasto fuori norma.
Venerdì, 21 agosto
Sembra strano alzarsi e riporre tutto, prima di rimetterci in marcia verso casa. Tanti ricordi e flash back di momenti felici, trascorsi viaggiando sulla nostra casetta mobile, tornano alla mente e feriscono con una violenza impensabile.
Cambieremo modo di vivere vacanze brevi e lunghe, abbandonando per sempre gesti e abitudini consolidati in tanti anni. I piccoli e i grandi piaceri di avere casa in luoghi diversi, tra culture differenti, aprendo le finestre al risveglio su panorami sempre nuovi, lasceranno spazio a un futuro indefinito, ancora incerto.
Ne abbiamo parlato molto, Paola ed io, di questa decisione da prendere di comune accordo e con molta tristezza, ma gli anni passano, i malanni si accumulano e la vita ha scritto per noi un altro finale per gli ultimi anni che ci resteranno da vivere.
Memories, like the corners of my mind, misty water colored.
Memories of the way we were.
Scattered pictures of the smiles we left behind
Smiles we gave to one another for the way we were.
In conclusione vorrei ricordare i nostri vicini occasionali che, come il viaggiare, ci mancheranno molto:
- sul Sempione un camper belga di giovani, con un interno caotico e un letto di coda dove i piumoni erano arrotolati alla bell’e meglio; risa, musica moderna e allegre discussioni.
- a Cesana eravamo in mezzo ad altri Laika, tanto che un camperista passando lamentava fossimo solo noi nell’area. Una coppia di coetanei, con un Kreos uguale al nostro, ma con colori più vivi e nuovi, quasi fosse stato riverniciato da poco. Una coppia sorridente, apparentemente felice di essere in vacanza, in cui ci siamo rispecchiati.
- nostro figlio, con Andrea e Sabrina sotto la pioggia nel campeggio di Briancon. Raccolti nella loro caravan superaccessoriata nel tepore creato dall’inverter del condizionatore che toglieva freddo e umidità, a chiacchierare del pericolo scampato. A intervalli regolari, dalle tende a igloo di fronte al nostro camper, uscivano i turisti cechi a pisciare contro la siepe in plein air, dopo essersi riempiti di birra e inzuppati di pioggia.
- a Vienne nel piazzale dell’area di sosta, dove un Rimor italiano aveva esposto il tavolo di fronte ai vicini di un camper tedesco creando una sala pranzo all’aria aperta. Due appendici a L incrociate a condividere la vicinanza nella distanza della cultura e dell’età: una coppia matura tedesca e una giovane italiana con due bimbi molto piccoli e vivaci che giocavano a rincorrersi nel piazzale asfaltato.
- autun, nel bellissimo piazzale fronte lago, a fianco di camperisti francesi che dalle 22 in poi hanno pensato bene di arrostire salsicce e bistecche sul barbecue acceso con un cannello Bunsen, proprio sotto la nostra finestra della camera da letto. Non chiassosi ma affumicanti nonostante le nostre proteste.
- a Briare nel bel campeggio municipale sulle rive della Loira. Di fronte a noi una coppia di anziani su di una roulotte d’epoca, con un televisore moderno che trasmetteva le ultime notizie. Dietro di noi una coppia matura tedesca, arrivata più tardi con caravan al traino che si posteggiava vicino, nonostante il grande spazio disponibile. Non staccavano il traino della vettura, ma esponevano il tavolino su cui bevevano vino rosso da calici di vetro, chiacchierando amabilmente fino a ora tarda.
- Langres: di fianco un carrello scoperto su cui erano ammucchiati attrezzi vari; è stato un muto compagno al nostro stupore per la scoperta di questo gioiellino inaspettato.
- nella bellissima area di Belfort eravamo parcheggiati tra un motorhome spagnolo da cui arrivavano i guaiti e i pianti di un cagnolino chiuso dentro ad aspettare il ritorno dei suoi padroni e una famiglia di Puy en Velay che affrontò con noi la salita alle fortificazioni di Vauban. Erano all’ultimo giorno di vacanza. Due genitori – lui con codino e lei bene in carne - con figli – maschio e femmina- al seguito.
- nel parcheggio dell’éco-musée d’Alsace sostavamo sparsi con ampi spazi tra noi camperisti. I più vicini, una matura coppia tedesca, bevevano vino in bicchieri di vetro, rilassati sulle sdraio aperte nonostante la temperatura bassa sconsigliasse lo stare all’aperto.
- a Fussenheim ci siamo affiancati al motorhome Adria nuovissimo di una coppia matura e riservata come noi. Più avanti una coppia di mezza età scesa da un Fleurette nuovo giocava a petanque nel piazzale sassoso.
- sotto gli alberi del camping di Pontarlier, nel buio della nostra piazzuola, potevamo vedere una coppia di nonni che accudivano a una nipotina adolescente nella loro caravan d’annata, piccola ma accessoriata. È stato interessante e istruttivo vederli spostare la caravan e attaccarla per il traino mentre la ragazzina se ne stava comodamente seduta dietro nell’auto a smanettare sul cellulare.
- il risveglio di Annecy ci ha permesso di vedere una ragazza in abito nero fasciante da sera che esce da una tenda a igloo a colori psichedelici con la carta igienica in mano mentre si spazzolava i lunghi capelli. A seguirla un lungagnone allampanato vestito più consono al luogo. Dopo essersi lavati, hanno messo in moto la Clio per andarsene (a far colazione? A visitare la città per primi? a un qualche strano appuntamento?)
- nell’area di Aiguebelle eravamo tutti posizionati sui quattro lati del grande prato. Mezzi nuovi e importanti accanto a qualche camper più vissuto, ma tutti occupati da gente di mezza età e oltre. Tendalini aperti e tavolini apparecchiati con vino in bella evidenza per allegre tavolate, ma composte, quasi sotto voce.
- sotto gli alberi di Acqui Terme abbiamo incontrato una vivace e arzilla coppia di genovesi su di un Arca storico ma dotato di televisore, che tornano lì tutti gli anni per le cure termali. Non ho avuto il coraggio di chiedere l’età, ma temo si avvicinassero molto agli ottanta e oltre. Piacevoli conversatori con una ricca raccolta di aneddoti e storie di vita vissuta ci hanno dato una lezione sul modo di affrontare la vita nella terza età e fatto ripensare alla nostra scelta di abbandonare questa vita di nomadi itineranti.