Camminare tra i boschi ricoperti di fogliame dorato, respirare aria buona e assaggiare i prodotti tipici presidio Slow Food del territorio tosco-emiliano. Siamo nelle Foreste Casentinesi, considerate tra le più belle d'Europa.
Due regioni, tre province, undici comuni: il Parco Nazionale Foreste Casentinesi si snoda su un territorio di circa 36mila ettari, cuore verde che ossigena Emilia Romagna e Toscana. In autunno le foreste danno il meglio di sé, tingendosi di sfumature arancioni, rosse e oro che creano un’atmosfera fiabesca e incantata: non a caso le Foreste Casentinesi sono considerate le più colorate d’Italia. I due momenti migliori per osservare il fenomeno del “fall foliage” sono le prime due settimane di ottobre e le prime due settimane di novembre, seguendo i sentieri ben segnalati del parco e lasciando spazio anche alla degustazione dei prodotti locali e alla visita di luoghi antichi sospesi nel tempo.
Pronti, partenza… via!
Il parco offre decine di percorsi escursionistici, più o meno difficili, tra cui scegliere. Per la stagione autunnale, quando il tempo è instabile e può cadere già la prima neve, abbiamo scelto quello che da Campigna conduce al Sacro Eremo, da completare il secondo giorno con la visita a Camaldoli e la Verna. Eccoci quindi a Campigna, dove il Palazzo Granducale, oggi trasformato in albergo, ci accoglie con le sue fattezze settecentesche. Il comando della locale stazione forestale ospita un museo naturalistico aperto su richiesta. A breve distanza un tronco colonnare di abete bianco coricato al suolo è una testimonianza della maestosità e dell’ingente patrimonio che possedeva la foresta di Campigna, riconosciuta nel 1967 riserva naturale biogenetica. Il suo scopo è tutelare il prezioso patrimonio di diversità biologica, floristica e faunistica custodito tipico del posto. Lasciamo il paese e risaliamo fino al Passo della Calla, da cui parte la comoda pista forestale che corre nei pressi del crinale fra le riserve integrali di Sassofratino e della Pietra, in un paesaggio autunnale incantato.
Come in una favola
Camminando su un manto di foglie dorato e circondati da alberi secolari, i suoni si fanno ovattati e la possibilità di incontrare un cerbiatto, un gufo reale o scoprire le impronte lasciate da un lupo si fanno reali. Il parco è rifugio di numerose specie che dimorano qui da secoli: daini, cervi, caprioli, lupi e cinghiali, per non parlare dei numerosi volatili come l’aquila reale, il falco pellegrino e l’allocco. A un tratto gli alberi si diradano: siamo a Poggio Scali, uno dei punti più panoramici del parco, situato a 1520 mt di altezza. Dalla cima lo sguardo spazia su tutto il versante romagnolo, dal Falterona alla Verna e al versante casentinese chiuso dal contrafforte del Pratomagno. A novembre i raggi del sole si riflettono sul fogliame, creando splendidi riflessi rossastri
Su fino al Sacro Eremo
Si prosegue, attraversando il Passo del Porcareccio e incontrando alcune radure acquitrinose, fino a giungere alla vasta apertura di Prato Bertone; qui si lascia la cresta per scendere attraverso gli altissimi abeti che accompagnano il cammino fino al muro perimetrale del Sacro Eremo, da dieci secoli straordinaria isola di raccoglimento e preghiera nella selvaggia vastità della foresta. Nacque per volere di San Romualdo, monaco ravennate che fondò la comunità benedettina di Camaldoli, luogo di preghiera e meditazione sorto intorno all’eremo, consacrato Monastero nel 1080. Non molto lontano dal monastero è incastonato il Laghetto Traversari, di origine artificiale ma ormai naturalizzato. Vi è poi l’antica farmacia, o laboratorio galenico, in cui i monaci lavoravano spezie e piante medicinali per curare i malati dell’antico “ospitale”. Fin dall’inizio Camaldoli è stato un esempio tra i più significativi di come la gestione monastica potesse contribuire alla conservazione e alla propagazione dei valori ambientali e naturalistici. Già nel 1080 Rodolfo, quarto priore dell’Eremo, codificò le consuetudini di vita della comunità dei Monaci Eremiti di Benedetto e Romualdo nel primo di quei Codici Camaldolesi che rivelano i religiosi come solerti custodi e sensibili curatori del patrimonio forestale: carichi di tensioni mistiche e spirituali, ma anche attenti ai numerosi problemi tecnici, economici e sociali che la conservazione di quel patrimonio comportava.
La rocca di San Francesco
Partiamo in camper alla volta della Verna per l’ultima tappa del nostro itinerario. Questa rupe calcarea incastonata nel Monte Penna – alla sommità delle cui pareti occidentali sorge la cittadella monastica – ha una storia straordinaria ed è uno dei luoghi più profondamente intrisi di misticismo dell’Occidente. Nel maggio del 1213 il conte Orlando Cattani di Chiusi in Casentino fece dono a San Francesco del Monte della Verna. Da quel giorno furono registrati molti eventi miracolosi: tra gli altri, San Francesco qui ricevette le Stimmate durante la Quaresima del 1224. Vi accaddero anche numerosi fatti semplicemente prodigiosi, che però ben testimoniano l’atmosfera che pervade il luogo: ad esempio la convivenza col falco che abitava la chioma del faggio del Sasso Spicco, dov’era il giaciglio di pietra del Santo, e che ogni giorno “col suo canto e il suo isbattersi lo chiamava al mattutino”. È innegabile che qui, più che altrove, si avverte il connubio fra natura e misticismo, fra spirito e materia.
Vivere e mangiare “slow”
Dopo una lunga escursione, cosa c’è di meglio che concedersi un assaggio dei prodotti locali? In passato nella cosiddetta Romagna toscana, l’attuale versante romagnolo del parco, la prima fonte di reddito proveniva dall’agricoltura e dall’allevamento: molti ettari furono strappati al bosco per farne campi e pascoli. Oggi la situazione è radicalmente mutata: solo il 4 per cento della popolazione si dedica all’agricoltura. Nonostante questa marginalità, l’elenco dei prodotti tipici locali è lungo e interessante e comprende frutti, salumi (come “la gota”, ricavata dalla lavorazione delle carne suine) e formaggi di qualità. Tra questi spicca il raviggiolo, un prodotto presidio Slow Food che vanta secoli di storia. Nel 1515, infatti, vennero portati in dono a Papa Leone X alcuni raviggioli, presentati in un canestro ricoperto di felci; è la prima testimonianza storica di questo formaggio frutto della caseificazione con caglio senza rottura. Si tratta di un formaggio fresco, burroso, dal sapore delicato con note nocciolate ed è ideale come fuori pasto, magari a colazione, o come spuntino pomeridiano. Si consuma esclusivamente fresco, entro tre-quattro giorni dalla confezione. L’attuale zona di produzione comprende i paesi di Bagno di Romagna, Bibbiena, Chiusi della Verna, Poppi, Portico - San Benedetto, Pratovecchio, Premilcuore, San Godenzo, Santa Sofia e Stia. Altro presidio Slow Food è il prosciutto casentinese, prodotto nei comuni del Casentino (provincia di Arezzo). La forma del prosciutto del Casentino è tondeggiante, leggermente allungata e tendente al piatto e al taglio è di un bel colore rosso vivo con una buona percentuale di grasso candido. Il profumo è intenso e penetrante e il gusto delicato, a volte con note finali di affumicato. Provatelo affettato a mano, accompagnato con pane toscano, e beveteci su un bicchiere di rosso di buon corpo. Un breve riposo per smaltire l’alcol, e siamo pronti a riprendere la strada di casa.
Informazioni utili per il camperista
Come arrivare in camper alle foreste casentinesi
Per arrivare al Campeggio, situato a Corniolo nel comune di Santa Sofia, e quindi al parco, uscire dalla A14 (Bologna-Rimini), ai caselli di Faenza, Forlì e Cesena. Da Forlì, risalire le valli del Montone (SS.67), del Rabbi (SS.9 ter) e del Bidente (SS 310).
Per arrivare a Campigna, da dove parte la nostra escursione, seguire Via della Foresta verso la SS310.
Per arrivare a La Verna: giunti a Chiusi della Verna tramite la SS3bis (se si lascia il camper in paese ricordarsi di avvisare la polizia municipale), consigliamo di salire al Santuario per la strada della Beccia che si trova sotto lo scoglio delle Stimmate e che fino a qualche decennio fa era l’unica via d’accesso al Santuario. Dopo una ripida ma breve salita raggiungerete la Cappella degli Uccelli (km 1,95), edificata nel 1602 a ricordo della festosa accoglienza data da una moltitudine di uccelli a San Francesco la prima volta che raggiunse il monte della Verna. Pochi passi, ancora in salita, e, attraversando il Portale Meridionale, come facevano gli antichi pellegrini, accederete al Santuario.
Dove sostare in camper alle foreste casentinesi
- Campeggio Il Vivaio, dotato di 29 piazzole ombreggiate, si trova lungo il Cammino di Assisi, percorso straordinario che ripercorre le tappe spirituali della vita del Santo, e a pochi passi dal Giardino Botanico di Valbonella oasi botanica di grande fascino, sulla strada per San Paolo in Alpe. Via della Foresta 4, Corniolo (FC), tel. 327/3293439, , GPS: N 43° 55’ 1.099’’ E 11° 47’ 18.934’’
- Camping Camaldoli, offre piazzole di sosta con servizi per camper e caravan. Si trova proprio al centro del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, monte Falterona e Campigna a 200m dal millenario Eremo di Camaldoli. Apertura annuale. Via dell’Eremo, 2 - Poppi, tel. 0575/556202, GPS: N 43° 47› 12.3 E 11° 49’ 10.527’’
Info turistiche
Informazioni generali sulle Foreste Casentinesi: www.parcoforestecasentinesi.it/it
Informazioni sui sentieri: www.parks.it