Di coriandoli e chiacchiere: un viaggio attraverso alcuni dei più famosi carnevali piemontesi, in cui tradizione e cultura si mischiano a trasgressione, dando vita a eventi unici nel loro genere. Ognuno ha un rituale ben codificato che fonda le sue origini su fatti storici realmente avvenuti
"Su le dentate scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga da’ ghiacci immani rotolando per le selve scroscianti".
Così inizia la poesia del Carducci in onore del Piemonte. Una regione ricca e speciale, in grado di stupire in svariate occasioni. Una di queste è il carnevale, che va in scena sotto diverse forme a seconda della località interessata.
Santhià è una cittadina della provincia di Vercelli, situata proprio nel cuore delle risaie. Il suo carnevale, benché i suoi riti siano stati codificati solamente agli inizi del secolo XIX, risale alla notte dei tempi. Già nel 1318, si legge nei documenti dell’epoca, una compagnia di giovani laici aveva dato vita a una serie di festeggiamenti e balli carnevaleschi. L’organizzazione del carnevale è compito dell’Antica Società Fagiuolesca i cui membri si riconoscono dalla rossa feluca (reminiscenza dell’occupazione bonapartiana della cittadina) e dalla fascia che riporta la scritta
“direzione”. All’interno di questa direzione possono essere assegnate cinque cariche onorifiche ad altrettanti membri che vengono chiamati i Magnifici Cavalieri del carnevale Storico di Santhià. A capo della confraternita è posto un Governatore che indossa una fascia argentea ed è il custode delle onorificenze carnevalesche e dell’antica statua di Gianduja, la maschera piemontese per eccellenza. Durante i tre giorni del carnevale diventano padroni assoluti della città Stevulin ‘dla Plisera e Majutin dal Pampardù: la leggenda vuole che fossero due giovani in viaggio di nozze ai quali il signorotto locale consegnò le chiavi della città, permettendo loro di governare e amministrare la giustizia per tre giorni. Per onorare la leggenda, il sabato del carnevale i due sposi ricevono dal sindaco le chiavi della città e subito dopo Stevulin legge alla popolazione un discorso in dialetto che, con arguzia e umorismo, affronta argomenti della realtà locale e non solo. Lo stato maggiore ha un ruolo diplomatico all’interno del carnevale in quanto si pone come ambasciatore presso altre celebrazioni carnevalesche, facendo conoscere le realtà di Santhià e invitando le maschere degli altri paesi a presenziare all’investitura di Stevulin e Majutin. Fino agli anni ‘60 lo stato maggiore era composto solamente dai cittadini più ricchi. Fortunatamente questo aspetto discriminatorio è mutato e oggi possono farne parte cittadini di qualunque condizione. Alla kermesse di Santhià partecipano anche tre gruppi musicali: il corpo pifferi e tamburi, vestito con la divisa napoleonica dei Tirailleurs du Po; la banda musicale cittadina, una fra le più antiche d’Italia perché fondata nel 1793; la banda musicale “I Giovani”, accompagnata dalle majorettes di Tronzano Vercellese. Il carnevale inizia due settimane prima della data canonica con la sfilata dei maiali. Questo evento, chiamato la "Salamada", aveva e ha ancora un aspetto basilare per la preparazione della tradizionale fagiolata. Si trattava infatti della processione, per le vie della città, di 12 maiali che venivano accompagnati al macello dove venivano abbattuti per la preparazione dei salami destinati alla fagiolata. Per fortuna la tradizione si è adeguata al sentimento animalista di molti e oggi non si assiste più a questa cruenta sfilata. I maiali sono stati sostituiti da un simulacro in cartapesta che raffigura il muso di un maiale. Altro rito importante delle celebrazioni santhiatensi è la cosiddetta "cena di spoglio maiali" che non è altro che un banchetto riservato alla Direzione, ai Salamat e a tutte le persone ritenute, per svariati motivi, oltremodo meritevoli nell’ambito carnevalesco. La sveglia è un'altra fase importante. Protagonista assoluto è il Corpo Pifferi e Tamburi, incaricato di suonare una particolare ballata nel centro cittadino durante le ore in cui la popolazione si sta godendo il sonno del giusto. Tra tutte le sveglie che il Corpo deve eseguire, la più impegnativa è senza dubbio quella del lunedì di carnevale quando, alle cinque di mattina, vengono svegliati alcuni membri della Direzione. Questi offrono, come da tradizione, la colazione ai suonatori. Il cerimoniale si chiude con il rogo del Babaciu, un fantoccio in cartapesta che simboleggia l’essenza del carnevale di Santhià. L’evento ha luogo il martedì sera nella piazza principale della cittadina e la cerimonia viene accompagnata dalle campane delle chiese che suonano a lutto e dalla banda cittadina che esegue una marcia funebre. Subito dopo, però, la triste melodia si trasforma in una sfrenata monferrina, dando vita a un vero e proprio curentun dalle proporzioni gigantesche. Mentre il fuoco consuma il fantoccio in cartapesta, la statua di Gianduja viene fatta scendere dal trono da cui domina la piazza e la bandiera dello Storico Carnevale di Santhià viene ammainata, decretandone la fine. Questo che abbiamo appena descritto è il rituale classico, ma parallelamente ad esso vi sono corsi mascherati sia diurni che notturni in cui sfilano carri allegorici che non hanno nulla da invidiare a quelli dei carnevali più conosciuti. L'edizione di quest'anno inizierà il 6 gennaio 2017 e terminerà il 28 febbraio.
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La Lachera è il nome che identifica il carnevale di Rocca Grimalda (AL). Si tratta di un insieme tra danze, riti e rappresentazioni teatrali la cui origine si vorrebbe far risalire a una rivolta popolare contro il signore del paese che pretendeva di esercitare lo Jus Primae Noctis sulle spose del feudo. Anche se non si può escludere che con i secoli La Lachera abbia subito contaminazioni da fatti realmente accaduti, è quasi certo che abbia tratto origine dai riti primaverili. Infatti è un carnevale completamente diverso da quelli presenti nel nostro immaginario collettivo. La rappresentazione è imperniata su un movimentato corteo nuziale, la cui caratterizzazione è costituita da un crescendo di suoni, schiocchi e sonagliere. Attorno al corteo si sviluppano tre danze: la Lachera vera e propria, la Giga e il Calisun. La prima è danzata ininterrottamente dai Lachè, servitori che danno nome alla festa e sono praticamente i protagonisti. La loro è una danza grottesca, quasi a voler ridicolizzare i signori e i potenti. La Giga viene invece danzata dai Lachè e dagli sposi e infine durante il Calisun la sposa scaccia i Lachè. Dagli anni settanta si sono aggiunti altri due balli, la Curenta dir Butej e la Monferrina, entrambi interpretati dalle campagnole e dai mulattieri. Molti sono i personaggi che prendono parte a La Lachera e questi hanno sempre indossato maschere facciali sino al 1929, epoca in cui una norma fascista vietò di coprirsi il viso nel periodo di carnevale (nel 1998 le maschere sono fortunatamente state reintrodotte). Tra i molti personaggi spiccano i già citati Lachè, con copricapi infiorati simili a mitre vescovili che sembrano simbolizzare il potere e l’autorità. Il loro abbigliamento, fatto di addobbi floreali e di lunghi nastri colorati, dona alla danza vivacità e allegria, evidenziando contemporaneamente il carattere virtuale del ballo. I quattro Trapulin sono simili a degli arlecchini e accompagnano la danza tramite lo schioccare dello scuriass, la frusta, avanzando ai lati del corteo.
Gli arlecchini sono dei personaggi molto comuni in Piemonte, anche se il loro ruolo è molto diverso dall’Arlecchino veneziano. Essi hanno infatti il compito di accompagnare gruppi, come i Lachè, disturbandone i componenti. I due Zuavi, armati di spade e accompagnati da Ballerine, scortano gli sposi. Questi ultimi occupano la parte centrale de La Lachera perché il motivo nuziale è essenziale nei riti propiziatori della primavera. Nel passato il ruolo della Sposa era sostenuto da un uomo, com’è tradizione del teatro popolare, e ciò contribuiva ad arricchire la rappresentazione carnevalesca di un ulteriore elemento farsesco. Il Guerriero, vestito di nero e armato di spada, rappresenta l’inverno, il male o il vecchio. La sua posizione è in coda al corteo e talvolta cerca di catturare la Sposa, ma viene prontamente respinto dagli Zuavi. Il Bebè è un individuo ambiguo: non si sa se sia uomo o donna e possiede un aspetto inquietante, con il suo vestito rosso e viola, con orecchie e corna di capra che, in qualche modo, gli conferiscono il ruolo della parodia del diavolo. I suoi scopi sono di disturbo, di insidia delle ragazze e di corruzione del pubblico. Per accrescere ulteriormente la sua ambiguità, porta una borsa di pizzo con alcune monete antiche, per cui il simbolismo che se ne trae è quello della corruzione o dell’avarizia. Mentre invece il bamboccio che fa parte del suo corredo vuole simbolizzare il frutto della lussuria. Gli ultimi personaggi di questo straordinario carnevale sono costituiti da Campagnole e Mulattieri che rappresentano il corteo popolare al seguito degli sposi. Le Campagnole furono aggiunte solamente in epoca fascista per donare maggiore coreografia alla rappresentazione. I Mulattieri invece fanno parte della tradizione e sono legati alla presenza nel comune di Rocca Grimalda dei Caratei, i conduttori dei carri trainati dai muli che trasportavano il vino. Anche nelle date di svolgimento il carnevale di Rocca differisce dagli altri e infatti avrà luogo quest'anno nei giorni 18 e 19 febbraio 2017.
www.lachera.it
Il carnevale di Borgosesia (VC), pur assomigliando molto ai classici carnevali che noi tutti conosciamo (con sfilata di carri allegorici, cortei mascherati e popolo festante), possiede una particolarità che lo differenzia da tutti gli altri. Si tratta del Mercu Scûrot che, tradotto in italiano, significa mercoledì oscuro con riferimento al primo mercoledì delle Ceneri, quest'anno 1 marzo 2017, quando ormai la maggior parte dei carnevali ha già concluso il suo corso. La sua introduzione avvenne nel 1854 quando il tedesco Bomen, capo tintore di una filatura locale, decise di prolungare il carnevale organizzandone il funerale. Oggi la giornata del Mercu inizia a metà mattinata, quando la banda cittadina si reca presso la sede della Pro Loco da dove inizia il corteo, preceduto dal gonfalone del Peru ‘n cimbalis, per dirigersi all’assaggio della fagiolata.
I partecipanti indossano l’abito tradizionale del Mercu Scûrot costituito da frac, cilindro, mantella e galla (un grosso papillon bianco di garza). Per mezzogiorno il corteo ritorna nella sede della Pro Loco, dove viene allestito il pranzo per oltre 400 commensali. A questo fa seguito la distribuzione del cassù, il tipico mestolo di legno necessario per bere durante la giornata. Poi inizia il corteo funebre che accompagna la maschera Peru Magunella al rogo. I possessori dei cassù potranno fermarsi per bere il vino alle cappelle votive, che in realtà sono delle osterie, approntate in suffragio del Perù. Durante il tragitto, allietato da bande musicali, vengono distribuite saracche (acciughe) e vino a volontà. La partecipazione a questo corteo grottesco è sempre molto numerosa: si parla di oltre 2.000 persone per ogni edizione, tutte vestite con il frac e il cilindro. Le celebrazioni si concludono con la lettura del testamento del Peru, con lo spettacolo pirotecnico e il rogo della maschera che mette definitivamente la parola fine al carnevale. Quella del 2017 sarà un’edizione particolarmente importante, (vai alla pagina della sezione Eventi di CamperLife), in quanto si celebrerà la ricorrenza dei 130 anni delle sfilate (1887/2017).
www.carnevaleborgosesia.it
Il carnevale di Chivasso (TO), anzi il Carnevalone di Chivasso, come viene chiamato dal 1951, fonda le sue origini nel XIV secolo quando l’Abbà, capo di una confraternita di buontemponi, ricorreva all’imposizione di tasse e balzelli per raccogliere il denaro necessario alla combriccola di gaudenti per i loro bisogni da crapuloni. Nel 1434 il senso della misura venne superato e la banda di gaudenti si trasformò in confraternita religiosa. L’Abbà assunse il ruolo di mecenate della festa di San Sebastiano, patrono della confraternita. Nel corso dei secoli si sono perse le testimonianze del carnevale chivassese e solamente a partire dal 1905 si hanno notizie certe dell’evolversi della manifestazione, quando l’allora Circolo di Agricoltura, Industria e Commercio (l’attuale Agricola divenuta Pro Loco) decise di creare una figura femminile che, attorniata da quattro damigelle, divenisse il simbolo del tessuto sociale ed economico chivassese. A questa figura fu dato il nome di Bela Tolera, dal nome in piemontese della latta che fasciava la guglia del campanile del duomo. Qualche maligno, vista la spregiudicatezza dei cittadini chivassesi nel condurre gli affari, ha insinuato che l’epiteto Bela Tolera derivasse da Facia de Tola, faccia di bronzo. Quale sia l’origine non ha ormai più importanza, tuttavia il personaggio è rimasto nella tradizione carnevalesca. A questa figura, nel 1948, fu affiancata quella dell’Abbà di medievale memoria. Dal 1905 a oggi il Carnevalone ne ha fatta di strada fino a diventare una kermesse che attira carri allegorici, maschere e bande musicali provenienti da tutta Europa.
Gli appuntamenti per il Carnevalone 2017 iniziano il 6 gennaio e terminano il 5 marzo.
www.carnevalonedichivasso.it
Il Carnevale Alpino dell’Orso di Segale di Valdieri (CN) è un evento che, pur mischiando elementi sacri e profani, risale ai riti ancestrali quando si cercava di scacciare l’inverno per fare posto alla primavera. Attraverso i secoli il rito si è evoluto e la Chiesa, con la sua capacità di adattare miti antichi alle esigenze del Cristianesimo, vi ha inserito alcuni personaggi che hanno praticamente oscurato l’impronta pagana dell’avvenimento, anche se qualcosa degli antichi riti è ancora individuabile. Il protagonista del carnevale di Valdieri è l’Orso di Segale che, risvegliandosi dal letargo, comunica alle genti che l’inverno è finito. Le origini della maschera dell’orso non sono note neppure agli anziani abitanti del comune. Si sa tuttavia che, durante il periodo mussoliniano, il plantigrado fu vittima delle persecuzioni fasciste, evidentemente considerato un tipo poco “raccomandabile” tant’è che un provvedimento della regia questura di Cuneo lo mise al bando, assieme alle altre maschere carnevalesche. Agli inizi del secolo XX il rituale del carnevale doveva essere molto complesso e comprendeva una pubblica “gnoccolata”, l’elezione degli Abbà, il taglio della testa di un gallo o di un gatto, il testamento del Carnevale e l’arrivo della Quaresima. Fortunatamente, ai giorni nostri non è rimasta traccia della decapitazione ed è anche andata perduta la figura dell’Abbà. Continuano invece a resistere la tradizionale distribuzione di gnocchi di patate, la messa al rogo del Carnevale e il personaggio della Quaresima, rappresentato dalla giovane donna che balla con l’orso e mette fine alle sue intemperanze.
L’ultima domenica di carnevale, sotto i portici del municipio di Entracque, si può partecipare alla distribuzione degli gnocchi di patate. Nel pomeriggio invece ci sono i suonatori di musica occitana, con ghironde e organetti ad accompagnare la folla che si è spontaneamente riunita per festeggiare il carnevale. Ed è proprio a questo punto che l’orso di segale irrompe, scendendo dalla montagna, per esibirsi, secondo un rituale rimasto invariato nel tempo, con ruggiti, mattane e dispetti. Rispetto ai tempi passati, l’orso odierno è molto più delicato e la sua satira politica è meno feroce. I suoi lazzi sono indirizzati al divertimento di grandi e piccini, ma soprattutto ai visitatori che ogni anno accorrono sempre più numerosi.
www.ecomuseosegale.it
Se si sfoglia la galleria di immagini del carnevale di Mondovì (CN), si ammireranno tantissimi scatti di carri allegorici, di persone bardate nei più svariati modi e di folla festante. Tuttavia, questo è solamente il corollario dell’anima delle celebrazioni carnevalesche di questa cittadina del basso Piemonte che vanno in scena dal 19 al 26 febbraio 2017.
Intendiamoci, un corollario indispensabile per collocare l’avvenimento nel suo giusto ambito altrimenti, anziché di carnevale, si parlerebbe di rievocazione storica. Questo perché l’evento si basa su fatti storici realmente accaduti e su riferimenti geografici tranquillamente individuabili ancora oggi, benchè le origini del carnevale di Mondovì risalgano al XVI secolo. Tanti i personaggi della vicenda storica: il Moro, la Béla Monregaleisa, Pietro, l’Imperatore Ottone I, la Principessa Adelasia, lo scudiero Aleramo, armigeri, damigelle e menestrelli. La vicenda è imperniata su Adelasia, figlia di Ottone I, e su Aleramo. I due giovani, innamoratisi l’una dell’altro, fuggono per sottrarsi alle ire dell’imperatore che non vedeva di buon occhio il loro amore, andandosi a rifugiare presso la Torre dei Saraceni, posta a picco tra Garessio e Ormea. Qui trova rifugio anche il Moro, che ospita i due innamorati e mette Bella, una giovane da lui rapita durante una delle sue scorribande, al servizio di Adelasia. L’imperatore scende in Italia per scacciare i saraceni e assedia e conquista la torre in cui hanno trovato rifugio i protagonisti della vicenda. Ottone I però perdona i due giovani e, per ricompensare il Moro della protezione e dell’ospitalità fornita loro, gli risparmia la vita. Tuttavia lo obbliga ad abbandonare le terre imperiali pur concedendogli il privilegio di tornare tutti gli anni, durante il periodo del carnevale, per celebrare appunto l’amore tra Adelasia e Aleramo, i cui figli daranno origine alla dinastia degli Aleramici. Nel frattempo Bella, una volta libera, parte alla testa di un gruppo di persone per realizzare il suo sogno di fondare una città dove gli abitanti possano tutti godere degli stessi diritti.
Al proposito Bella, aiutata da Pietro che ne diverrà il consorte, costeggia per una settimana il corso del Tanaro fino al punto in cui il torrente Ellero vi confluisce e quindi risale una collina denominata Monte di Vico.
Qui fonda Monteregale, l’odierna Mondovì.
Feuilleton medievale o storia vera? Questo non lo sapremo mai, anche perché in queste vicende esiste sempre un misto di fantasia e di realtà. Ma a noi va bene così.
www.carnevaledimondovi.it
Informazioni utili per il camperista
Dove sostare in camper per visitare i carnevali in Piemonte
Santhià: È a disposizione un ampio piazzale con carico/scarico ed accoglienza organizzata dal tardo pomeriggio di venerdì 24 Febbraio 2017,a cura dei camperisti santhiatesi. La sosta costa 12 euro.
Rocca Grimalda: è possibile parcheggiare nei piazzali che si trovano poco prima dell’entrata del paese. Coloro che vogliono sostare anche di notte si possono servire dell’area attrezzata comunale di Ovada, in via Gramsci, GPS: Lat: 44.638156 – Long: 8.649731.
Borgosesia: Area attrezzata nel parcheggio comunale asfaltato, piazza Milanaccio, 13011 Borgosesia (VC), GPS: Lat: 45.720227 - Long: 8.27324, apertura annuale.
Chivasso: Punto sosta alle spalle della stazione ferroviaria, disponibile CS, gratuito nei giorni festivi, piazzale Ceresa, a Chivasso (TO), GPS: Lat: 45.19477 - Long: 7.889546. Area attrezzata nei pressi della piscina comunale, sempre aperta, asfaltata, no pagamento nei giorni festivi, piazzale Lucio Libertini, Chivasso (TO), GPS: Lat: 45.185576 - Long: 7.892915.
Mondovì: Punto sosta comunale nel parcheggio su asfalto, gratuito e situato in centro, apertura annuale, piazzale Ravanet, Mondovì (CN), GPS: Lat: 44.393553 - Long: 7.822635. Punto sosta nel grande parcheggio dietro l’ex stazione ferroviaria Mondovì - Breo, in centro, gratuito, piazza della Repubblica, Mondovì (CN), GPS: Lat: 44.389984 - Long: 7.819321. Punto sosta nel parcheggio sterrato degli autobus di linea, sotto le mura della cittadella, dietro la scuola, piazza d’Armi, Mondovì (CN), GPS: Lat: 44.385538 - Long: 7.833075. Area attrezzata dell’Outlet Village Mondovicino, nei pressi dell’uscita dell’autostrada, gratuito, solo sosta diurna, piazza Giovanni Jemina, 12084 Mondovì (CN), GPS: Lat: 44.420517 - Long: 7.852103.