Molto spesso, magari senza volerlo, quando scriviamo i nostri diari di viaggio in camper ci lasciamo prendere la mano dai personalismi. Non sarebbe meglio limitare la soggettività e fornire al lettore informazioni realmente utili?
Le vacanze, anche quelle natalizie, sono ormai lontane e ognuno di noi sta riordinando le idee su cosa ha visto e magari qualcuno sta pure mettendo per iscritto l’esperienza del viaggio vissuto. Questa abitudine di molti di scrivere il diario dei propri viaggi è lodevole e molto utile.
Io stesso, per organizzare le mie vacanze, preferisco documentarmi sui diari dei miei colleghi piuttosto che sulle guide in commercio. Questo perché i volumi in vendita sono preconfezionati e quindi piuttosto standardizzati, mentre i diari di altri camperisti sono personalizzati e quindi più vicini al tipo di vacanza che pratico io.
Il “pericolo” per questi diari fai-da-te è che l’autore trasformi il proprio scritto in un inno a sé stesso o ai suoi famigliari il che, per quanto legittimo sia, vanifica il messaggio del resoconto di viaggio. Naturalmente un po’ di soggettività ci sta bene perché rende umana l’entità astratta che l’ha scritto e perché in fondo fa piacere sapere che l’autore ha vissuto la propria vacanza in maniera spassionata, commettendo a volte degli errori proprio come capita a tutti. I superuomini che non sbagliano mai strada e non prendono mai una fregatura sono davvero poco credibili. Al proposito aggiungo che è proprio dalla consapevolezza dei miei errori che ho “corretto la rotta”, anche proprio nel modo di vivere la vacanza. Quando si visita un Paese nuovo, si ha la volontà di conoscere le sue eccellenze ma è necessario anche aprire la mente per assimilare il modo di vivere dei suoi abitanti. Il Paese che visitiamo è un palcoscenico sul quale noi visitatori possiamo immortalarci nelle foto che puntualmente alleghiamo ai nostri diari. Ma è il palcoscenico dei residenti mentre noi siamo gli spettatori. I grandi viaggiatori dell’Ottocento (parlo di Goethe, Byron e di tutti i Romantici) non hanno intrapreso il grande viaggio, come Paolo di Tarso e come sembra che qualche autore di diario voglia fare, per portare la buona novella ai galati, ai corinzi o ai filippesi, ma piuttosto per completare la loro formazione. Questo significa che ogni viaggio è una conquista e proprio questo dovremmo far trapelare dai nostri diari di viaggio. Che per non essere autocelebrativi e superficiali devono quindi comprendere importanti nozioni di ciò che abbiamo visto correlate da impressioni personali. Insomma, le immagini che immortalano noi e i nostri figli in vacanza e le digressioni eccessivamente personali sarebbe meglio restassero patrimonio privato da conservare gelosamente. Da divulgare invece sono le informazioni che il lettore cerca di carpire per organizzare un viaggio prendendo spunto dal nostro. Benvengano dunque i diari che – lo ripeto – sono davvero essenziali soprattutto per chi condivide la nostra filosofia dell’abitar viaggiando. Ma si limitino le soggettività, proponendo al lettore commenti e immagini personali con criterio e tenendo a mente che “il troppio stroppia”.
Buon viaggio a tutti!