Sulle sponde del Lago di Bolsena

Esattamente sul confine tra Lazio e Umbria sorge il Lago di Bolsena, quinto per dimensioni in Italia. È il più grande lago di origine vulcanica d’Europa, formatosi con il crollo dell’apparato vulcanico Vulsinio, il quale in seguito alle eruzioni laviche si è svuotato ed è crollato su sé stesso, formando un’enorme caldera, lentamente riempita dall’acqua. Tra le particolarità naturalistiche che lo distinguono, ve ne sono due di sicuro interesse: le “sesse” e l’onda anomala. Le prime sono variazioni improvvise del livello delle acque interne, simili alle maree, ma al contrario di queste del tutto imprevedibili. Determinate dalla pressione atmosferica o dai venti, possono anche raggiungere i 50 cm. La seconda, più frequente e visibile con lago calmo, è un’onda che si presenta con un fronte di vaste proporzioni, che si rafforza man mano che avanza fino ad infrangersi violentemente sulle coste. Le sponde di questo lago sono anche permeate di misticismo. È qui infatti che avvenne il miracolo dell’Eucarestia. È qui che troviamo tradizioni e usanze legate a doppio filo con la religione Cattolica.

Bolsena, borgo dei miracoli

Trascorriamo il primo giorno di questo nostro weekend in questo suggestivo e ridente borgo medievale adagiato sulle propaggini collinari dei monti Volsinii. Bolsena rappresenta un angolo d’Italia ricco di storia, di tradizioni e immerso in una natura rigogliosa e ancora in gran parte incontaminata. Numerosi sono i resti monumentali che Bolsena custodisce. La città etrusco-romana di Volsinii conserva l’importante cinta muraria, alcuni edifici di culto e l’anfiteatro del Mercatello che delimita verso il nord l’antica Volsinii. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce la zona del foro circondato da botteghe e da una grande Basilica, insieme a sontuose abitazioni private con pregevoli affreschi e complessi pavimenti a mosaico. Sui colli circostanti si sviluppano varie necropoli costituite da tombe a camera e a fossa, databili tra il III sec. a. C. e il IV sec. d. C. Il Medioevo è segnalato dalla possente mole del castello Monaldeschi che ha origini antiche databili tra il XII e XIV sec. come  tutte le roccaforti lungo le grandi arterie di comunicazione. Oggi tale castello accoglie il Museo Territoriale del lago di Bolsena. Il monumento più celebre del paese è però la Collegiata di S. Cristina, le cui forme attuali si riferiscono, in gran parte, agli interventi tardo quattrocenteschi favoriti dal card. Giovanni de’ Medici. L’edificio presenta l’originalità di accorpare quattro chiese di epoche diverse. La parte più antica è quella ricavata dal taglio della rupe tufacea per far posto ad un primitivo Oratorio intorno al sepolcro di S. Cristina. L’ambiente, poco più di una grotta, fu testimone nel 1263 del miracolo del Corpus Domini. Ed è questo l’elemento che fa di Bolsena un borgo riconosciuto in tutto il mondo cristiano: quell’anno un sacerdote boemo, di nome Pietro da Praga, iniziò a dubitare della reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati. Il sacerdote si recò allora in pellegrinaggio a Roma, per pregare sulla tomba di Pietro e fugare i suoi dubbi: il soggiorno romano lo rasserenò e intraprese il viaggio di ritorno. Percorrendo la via Cassia si fermò a pernottare a Bolsena, dove i dubbi di fede lo assalirono nuovamente. Il giorno successivo celebrò la messa nella chiesa di Santa Cristina. Secondo quanto tramandato dalla tradizione, al momento della consacrazione l’ostia cominciò a sanguinare sul corporale. Impaurito e confuso il sacerdote cercò di nascondere il fatto, concluse la celebrazione, avvolse l’ostia nel corporale di lino e fuggì verso la sacrestia. Durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare. La Chiesa Cattolica riconobbe il miracolo eucaristico, celebrato ogni anno con una solenne processione che si snoda per le vie della città, le cui strade sono ornate da un tappeto ininterrotto di infiorate artistiche che richiamano turisti e pellegrini. Non meno importante è la Festa di S. Cristina, martire cristiana e patrona della città. Ogni anno il 23 e il 24 luglio nelle principali piazze di Bolsena su dei palchi di legno i martiri subiti dalla santa vengono rievocati con la rappresentazione dei “misteri”, quadri plastici viventi. Tra gli altri monumenti si fanno notare il palazzo del Drago di stile rinascimentale, la chiesa di San Francesco e il Santuario della Madonna del Giglio della seconda metà del Cinquecento. 

Montefiascone vista lago

Se abbiamo tempo, già nella giornata di venerdì potremmo recarci a Montefiascone, seconda tappa di questo nostro tour, distante dalla prima poco più di 14 km. Una meta immancabile non fosse altro perché da qui si gode del più bel panorama complessivo del lago. Sorto nell’alto Medioevo, entrò nei domini della Chiesa nell’VIII secolo, di cui divenne centro importante. Più tardi, nel 1353, il Castello della Rocca diventò la centrale operativa più temibile dell’esercito Pontificio. Nel 1369 il Papa Urbano V conferì a Montefiascone il rango di Città e la dotò di diocesi. In seguito vi soggiornarono numerosi Papi, governanti e artisti. Interessante esempio di architettura romanica è la chiesa di S. Flaviano (secoli XI-XII), costruita a due piani sovrapposti. Mentre è di origine rinascimentale il duomo iniziato nel 1519 e condotto a termine nel Seicento. A proposito del duomo, la sua cupola imponente è seconda per dimensioni solo a quella di S. Pietro in Roma. Da visitare anche la Rocca dei Papi, edificata nel punto più alto del paese, dopo un periodo di abbandono, restaurata di recente e oggi sede di esposizioni. Come Bolsena, anche Montefiascone ha il suo “marchio di fabbrica”. La notorietà di questa città proviene dalla produzione dell’olio extra vergine d’oliva e del celebre vino “Est! Est!! Est!!!”. Una leggenda spiega l’esistenza di questo vino: nel 1111 Enrico V di Franconia, allora re di Germania, si stava recando a Roma per ricevere da Pasquale II la corona di imperatore del Sacro Romano Impero. Al suo seguito si trovava anche il vescovo tedesco di Augusta. Appassionato del buon vino, il prelato aveva ordinato al servo Martino di precederlo lungo la strada, in modo da individuare le taverne con il vino migliore e segnarle con la scritta “est” (ossia “c’è”, sottinteso “il vino buono”). Così il servo si comportò, anticipando il suo signore sul percorso. Arrivato nella cittadina di Montefiascone trovò del vino talmente buono che ripeté per tre volte il segnale convenuto con l’aggiunta di sei punti esclamativi. Così, accanto alla porta dell’osteria, scrisse a grandi lettere “Est! Est!! Est!!!”. Per questo, ma anche per la cucina tradizionale, Montefiascone è meta gastronomica apprezzata. Nel mese d’agosto si svolge un’importante Fiera del vino, con esposizione e commercio dei migliori prodotti di tutto il comprensorio, compreso ovviamente l'“Est! Est!! Est!!!”, l’Aleatico di Gradoli o la Cannaiola di Marta. Nell’ambito della Fiera avvengono varie manifestazioni, tra le quali “In Cantina con Defuk” percorso eno-gastronomico nelle vecchie cantine, spettacoli e concerti serali all’aperto. Si tiene inoltre il Corteo Storico, che rievoca la leggenda del vino “Est! Est!! Est!!!”.

Verso la Città dei Papi

Dopo una sosta rigenerante all’insegna del mangiare e bere bene, dedichiamo il sabato a Viterbo che raggiungiamo dopo soli 17 km da Montefiascone. È definita da secoli la “Città dei Papi”, in memoria del periodo in cui la sede papale fu appunto spostata in questa città che ancora porta i segni di quel fasto, pur avendo origini ancora più antiche. Il nucleo storico infatti iniziò a svilupparsi verso l’anno 1000 intorno all’antica Castrum Viterbii sul Colle del Duomo e, nel breve volgere di poco più di due secoli, raggiunse uno sviluppo talmente notevole da contendere alla vicina Roma l’onore e l’orgoglio della sede papale. È cinta da alte mura medievali merlate e da massicce torri (costruite dal 1095 al 1268), ancora oggi pressoché intatte, con accesso da 8 porte. Quest’area raccoglie, in maniera sintetica, la storia di Viterbo dai primi insediamenti fino all’epoca attuale. Tra i tanti itinerari tematici che ci conducono alla scoperta della città, scegliamo proprio quello che ci porta a conoscere il Castrum Viterbii partendo da Piazza del Plebiscito, che per i viterbesi è la piazza del Comune. Questa è a poche centinaia di metri dall’area di parcheggio del Sacrario e da quella di Valle Faul, recuperata ed attrezzata. Si raggiunge attraverso Via Filippo Ascenzi su cui si affaccia il Palazzo delle Poste, struttura tipica del ventennio fascista e il retro della Chiesa di S. Maria della Salute (XIV secolo) con il suo splendido portale. La Piazza del Plebiscito, sulla quale vigila la Torre dell’Orologio edificata nel 1487 con due leoni in nenfro (tufo) agli angoli, è il vero centro cittadino. Fu creata per ospitare la sede del Comune, quando la città si erse a libero comune, nella metà del 1200. Sulla piazza si affacciano i palazzi che nei secoli appartennero ai Priori, al Podestà e al Capitano del Popolo. Le facciate di queste costruzioni la chiudono su tre lati. Merita certamente una visita il palazzo dei Priori, oggi Casa Comunale, ove risiede il primo cittadino di Viterbo, realizzato tra XIII e XVII secolo. Da non perdere il bel colonnato duecentesco e il piano nobile affrescato nel ‘500 (Sala Regia e Sala del Consiglio) con temi riguardanti le origini mitologiche viterbesi. Nel giardino c’è un’elegante fontana del XVII secolo, opera di Filippo Caparozzi. Il quarto lato della piazza è occupato dalla Chiesa di S. Angelo in Spatha e dallo sbocco di Via Cavour, che venne aperta nel 1573 e che taglia in due il Palazzo delle Carceri. Per addentrarci nel perimetro della parte più antica della città prendiamo ora via San Lorenzo, che ci conduce a ritroso nel cammino di sviluppo della città in epoca medievale. Pochi metri per arrivare su via Chigi dove troviamo il quattrocentesco palazzo omonimo. Ancora pochi metri ed arriviamo in piazza del Gesù, ovvero quello che in origine era il centro del nucleo abitativo. Inglobati in un edificio di più recente fattura possiamo osservare i resti dell’antico palazzo comunale, che risale al secolo XI. Belli da vedere la Torre del Borgognone (XII secolo), la Fontana del Gesù (1923, con frammenti rinascimentali) e la Chiesa di San Silvestro (XI secolo). Quest’ultima, struttura romanica dalla fattura semplice e minimalista, è nota per essere stata teatro dell’uccisione di Enrico di Cornovaglia, il 13 marzo 1271, citata da Dante nell’Inferno. Proseguiamo nella nostra passeggiata ed arriviamo in Piazza della Morte - completamente alberata - ove possiamo ammirare l’omonima fontana a fuso (XIII secolo), che probabilmente è la più antica della città. Affacciati sulla piazza troviamo la Loggia di San Tommaso (1200) e la Chiesa di S. Giacinta Marescotti (dedicata nel 1960, vi si venera il corpo della santa di Vignanello, 1585-1640) con il Monastero di S. Bernardino. Da piazza della Morte sul basamento etrusco-romano si protende il Ponte del Duomo, fiancheggiato dal palazzo del Drago a sinistra e dal palazzo Farnese destra. Entrambe le costruzioni risalgono al ‘400. Siamo ormai nel luogo più antico di Viterbo: il Colle del Duomo, il Castrum Viterbii.

Focus sulla “città vecchia”

Al termine della via, subito dopo il ponte, arriviamo nella piazza di San Lorenzo, monumentale e scenografica. Qui ammiriamo la Cattedrale dedicata a San Lorenzo, il “martire della graticola”, ma anche il campanile trecentesco a fasce bianche e brune; la casa di Valentino della Pagnotta (XIII secolo) e il celebre Palazzo dei Papi. Ma potete vedere anche Palazzo Marsciano, il Seminario e la struttura d’angolo dell’Ospedale Grande degli Infermi, attivo sino a pochi anni fa. Il Duomo è stato costruito nel XII secolo in stile romanico, benché nei secoli siano state fatte delle aggiunte che ne hanno reso meno austeri gli interni. La facciata è stata aggiunta successivamente e risale al ‘500. Sono conservate all’interno del Duomo alcune tele del Romanelli, ma anche le reliquie dei SS. Valentino e Ilario (IV secolo), i compatroni della città. Accanto al Duomo c’è uno dei simboli di Viterbo, costruito a metà del 1200: il Palazzo Papale. È stato sede di cinque pontefici tra 1266 e 1281 e fu in questo palazzo che venne coniato il termine “conclave”: i viterbesi stanchi delle operazioni di elezione del Pontefice, che si prolungavano da ben 4 anni, nel 1271 chiusero a chiave i cardinali (cum clave) all’interno del palazzo stesso. Si arrivò alla nomina del nuovo Papa in pochi giorni! Fa parte del palazzo la bellissima Loggia delle Benedizioni, di fattura gotica, che è un autentico merletto di pietra. Il loggiato stilizzato è l’icona di Viterbo. Dal balcone della loggia, che guarda sia la piazza adiacente sia la sottostante valle Faul, si spazia con lo sguardo sulla Viterbo fuori le mura e si osserva l’antichissimo Campanile di S. Maria della Cella (VIII secolo). Torniamo indietro sul nostro percorso sino a piazza della Morte. Da qui possiamo raggiungere rapidamente sia la Chiesa di S. Maria Nuova sia il quartiere di San Pellegrino, dove da circa 25 anni si tiene l’omonima esposizione di fiori. Il quartiere è un esempio tipico di quel che potevano essere le contrade nel 1200, dato che le strutture sono perfettamente conservate. Al centro del rione c’è piazza San Pellegrino, su cui si affaccia il palazzo degli Alessandri ed è visibile la Torre Scacciaricci. Sono diversi i vicoli - a Viterbo denominati “piagge” - che da qui, superando notevoli dislivelli, portano sino al quartiere di Pianoscarano, quest’ultimo sviluppatosi dopo il 1148. A due passi dalla chiesa di S. Maria Nuova c’è la chiesa di San Giovanni Battista del Gonfalone. Gli interni sono stati dipinti da pittori viterbesi del ‘700 ed è un raro esempio di arte barocca locale. Questa la parte più antica della cittadella, quella che ha visto l’alba del primo millennio, alla quale si aggiungono tante altre opere monumentali edificate nella vasta area all’interno delle mura cittadine.

Quel “peperino” di Vitorchiano

La domenica ci rimettiamo in marcia e percorriamo solo 4 km. Tappa obbligata sul percorso che ci porterà poi a Vitorchiano è Bagnaia dove sorge la meravigliosa Villa Lante che, assieme a Bomarzo, è uno dei più famosi giardini italiani a sorpresa manieristici del XVI secolo. Ai margini di un villaggio, una scalinata conduce a un arco che si apre su una piazza con costruzioni istoriate di stemmi ecclesiastici. Villa Lante si compone di due casini, costruzioni quadrate con due piani, un piano nobile ed uno a terra, costruito a logge. Le facciate si aprono su tre finestre con frontoni curvi o a punta. Sono i giardini però a costituire l’attrazione principale di Villa Lante, specialmente i giochi d’acqua, dalle cascate alle fontane ai grottini sgocciolanti. In particolare, caratteristica di questa zona la fontana centrale, composta da quattro bacini separati da camminamenti. Terminata la visita a questa imperdibile meraviglia del passato, procediamo per altri 4 km fino a Vitorchiano. Tra boschi di querce, faggi, olmi e castagni, immerso in uno splendido paesaggio naturale, si trova questo piccolo borgo medievale, sorto in seguito all’incremento commerciale della lavorazione del peperino, una roccia magmatica di colore grigio che si trova solo in questa area e in alcuni punti dei Castelli Romani. È la pietra caratteristica delle costruzioni medievali e rinascimentali che si riscontra in numerosi borghi dell’Italia Centrale. Vitorchiano è adagiato a strapiombo su alcune grandi rocce coniche che presidiano i fossi circostanti ed è interamente circondato da mura merlate. La cinta muraria, eretta presumibilmente nel XIII secolo a difesa del borgo, si estende per 250 metri per tre lati, con un’altezza oscillante tra i 10-12 metri. Il centro storico è affascinante: piazzette deliziose, vicoli angusti, curiosi palazzi caratterizzati da scale esterne, balconi e archi. Il Palazzo Comunale conserva importanti documenti d’archivio, la Casa del Podestà e le chiese di Sant’Amanzio e di Santa Maria Assunta custodiscono rilevanti opere d’arte. Vitorchiano vantava un rapporto particolarmente felice con la città di Roma fin dal XIII secolo, da quando il borgo fu liberato dall’assedio delle milizie viterbesi e divenne feudo della Capitale. In seguito la popolazione di Vitorchiano fece atto di solenne sottomissione a Roma e l’Urbe le riconobbe anche il diritto di fregiarsi della Lupa come simbolo della Città e di fornire gli uomini per la Guardia Capitolina. Nel XVI secolo, il borgo ospitò anche una piccola colonia ebraica. Ultimo forse in ordine temporale ma non certo per importanza il monumento Moai in via Teverina, fuori dal centro storico. L’opera, una gigantesca statua alta sei metri in peperino, riproduce i monoliti antropomorfi dell’Isola di Pasqua “I Moai”. Venne realizzata a Vitorchiano nel 1990 da undici maori della famiglia Atan, originaria di Rapa Nui. Questa statua rappresenta l’unica scultura Moai al mondo presente al di fuori dell’Isola di Pasqua. 

 

 

Per le foto si ringrazia 

l'Ufficio Turistico di Viterbo

Redazione Camperlife